“Le supercentrali? Servono a tutti”

"Anche all'industria, che sottovaluta i benefici di questo sistema" sostiene Maniele Tasca, direttore generale di Selex. "E chi dice che sono superate, sbaglia"
“Le supercentrali? Servono a tutti”

“Chi dice che la stagione delle supercentrali è finita, più che guardare alla realtà dei fatti, esprime un proprio auspicio”. Secondo Maniele Tasca, direttore generale di Selex, mandare in soffitta le alleanze tra retailer è un desiderio di una parte dell’industria, destinato però a restare tale. “Le supercentrali sono nate per riequilibrare i rapporti di forza tra un mondo della distribuzione fortemente frammentato e aziende industriali di grandi dimensioni, talvolta di caratura internazionale. Questa premessa non è cambiata, anzi mantiene tutta la sua validità, e dunque non si capisce perché le supercentrali dovrebbero essere uno strumento superato. Inoltre, la critica rivolta a queste organizzazioni, cioè di non avere un reale controllo su quanto avviene in periferia e di non poter mantenere fede agli impegni presi con l’industria, è priva di fondamento nel caso di Selex e di Esd, la supercentrale di cui facciamo parte con Agorà, Acqua & Sapone e Sun”.

Ma Tasca si spinge oltre e sostiene che le concentrazioni tra aziende della distribuzione rappresentano un vantaggio anche per i fornitori: “Sono dieci anni che in Selex è in vigore la mononegoziazione e i contratti stipulati a livello centrale non vengono ridiscussi a livello territoriale. L’industria sottovaluta i benefici di questo sistema, che consente di fissare una serie di impegni e prestazioni attraverso una sola trattativa e con una sola controparte che rappresenta una quota di mercato importante, pari al 10,7% nel caso di Selex. È indiscutibile che ottenere gli stessi risultati con una serie di operatori indipendenti sarebbe di gran lunga più laborioso”.

Selex da anni appartiene anche alla centrale internazionale Emd, presente in 16 paesi e con una quota di mercato stimata nell’ordine del 12% della distribuzione europea del largo consumo. “Un’esperienza molto positiva – sottolinea Tasca – innanzitutto sotto il profilo culturale, perché dà modo di confrontarsi con retailer internazionali e avere quindi una visuale molto più ampia sul mercato e sulla sua evoluzione. Poi è indubbio che ci sono benefici concreti, in particolare nell’ambito della private label, mediante accordi di fornitura su scala molto ampia. Un discorso che vale sopratutto, ma non esclusivamente, nel non food. Nell’alimentare le sinergie sono più complesse da realizzare – in particolare in Italia, dove è necessario adottare standard più alti di quelli europei – ma non impossibili. Anche qui io vedo delle opportunità per l’industria, che tramite le centrali europee può avere accesso a mercati esteri. È il caso di qualche nostro fornitore di private label, da noi presentato nell’ambito di Emd e che poi ha avviato rapporti con altri soci della centrale”.

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