Vino, siamo pronti per la British Invasion?

Le bollicine prodotte in Inghilterra scalano le classifiche della qualità. Ma Francia e Italia sono sempre in cima al podio
Vino, siamo pronti per la British Invasion?

Si dice vino e si pensa subito a cantine e bottiglie francesi o italiane. Anche in Gran Bretagna, dove stando ad un sondaggio di Harris Interactive per The Grocer quello prodotto in Francia è considerato il vino di miglior qualità, tallonato da Italia e Australia. Ma il settore vinicolo inglese sta crescendo in fretta, acquisendo una buona reputazione per la produzione di vini di alta gamma. A questo punto la domanda è d’obbligo: siamo pronti per la Brit-Invasion?

UN SETTORE IN CRESCITA –Negli ultimi anni l’Inghilterra ha prodotto anche vini di alta qualità a livello internazionale – spiega Mark Harvey, amministratore delegato della casa vinicola inglese Chapel Down – e come azienda siamo elettrizzati nel notare i miglioramenti anno dopo anno. Di questo passo l’Inghilterra scalerà le classifiche grazie all’affinamento costante della qualità dei suoi vini”. Il vino inglese risulta particolarmente apprezzato dalle persone tra i 25 e i 44 anni, secondo Harvey i più aperti alla scoperta di prodotti di alto livello. Tuttavia, confrontato con i suoi omologhi francesi e di altre patrie vinicole, il prodotto inglese occupa ad oggi una quota limitata del mercato. “Inferiore all’1% del totale del mercato vinicolo britannico – sottolinea Julia Trustram Eve, direttore marketing dei Produttori associati di vino inglese. Ma notiamo comunque un aumento nelle vendite e nella richiesta. E ciò è in parte dovuto ai notevoli risultati in varie competizioni mondiali, come l’International Wine Challenge”.

SFIDA CREATIVA DOPO BREXIT – Nonostante la crescita in qualità e domanda del vino inglese, secondo alcuni questa industria nascente è carente di un’identità definita. Con un pizzico d’ironia, l’agenzia di creativi Hornall Anderson suggerisce di supplire alla mancanza di storia con un evento clamoroso e recente: la Brexit. Caratterizzata da un numero: 52.48, derivato dalle percentuali di voto ottenute rispettivamente dal Leave e dal Remain. Secondo i creativi, sarebbe un nome perfetto per uno spumante dai forti contrasti: 48% di uve aspre, 52% di uve dolci. E un ottimo modo per annegare i dispiaceri della Brexit che, proprio come il vino inglese, potrebbe rivelarsi come una scelta  problematica destinata a migliorare con il tempo.

IL BOOM DELLO SPUMANTE – Una visita nel più recente vigneto del Kent spiega le ragioni del successo crescente dello spumante inglese. Ostinazione, e un pizzico di follia. Almeno secondo il belga Marc de Fays, intervistato da The Grocer mentre osserva il duro lavoro in vigna di Charles e Ruth Simpson. Il problema, naturalmente, riguarda il clima. I Simpson piantano le viti in maggio, che nel Kent ha una sola certezza: l’incertezza, che le vigne e i grappoli non amano di certo. Anche se il clima è più freddo e piovoso rispetto alla Francia, anche i francesi stanno tenendo d’occhio l’Inghilterra del Sud Ovest. Zona che dalla produzione di improbabili vini fermi si sta convertendo alle bollicine, con risultati sempre più interessanti in termini di qualità. Taittinger è stata la prima maison di Champagne ad attraversare la Manica, lo scorso dicembre, per acquistare 69 ettari di un vecchio frutteto proprio nel Kent. Per ora, nella Champagne le produzioni possono superare i 10mila litri per ettaro, mentre in Inghilterra la media non supera i 2100. Ma i pendii orientati a sud del Kent, Sussex, Surrey e Hampshire mostrano comunque notevoli potenzialità. Il suolo gessoso è lo stesso della Champagne, ideale per produrre tre vitigni classici: Chardonnay, Pinot nero e Pinot meunier. Però è necessario mitigare in qualche modo i problemi dovuti al rischio climatico. Il Kent è più freddo e umido della Champagne. Per questo i Simpson hanno piantato non meno di 36 varianti genetiche di chardonnay, pinot nero e meunier, attrezzandosi con stazioni meteorologiche ad alta tecnologia in tutta la tenuta. A parte questo, non resta che tenere le dita incrociate.

IL SENSO DEGLI INGLESI PER IL PROSECCO – Le vendite di Prosecco nel Regno Unito hanno superato i 77,5 milioni di euro. La svolta è arrivata con l’allargamento della base demografica dei clienti, in particolare ai più giovani. Rispetto al 2012 le famiglie che hanno acquistato Prosecco sono aumentate di 5 milioni e mezzo, con un incremento del 26,2%.

DA DOVE VIENE IL VINO BRITANNICO? – La Francia è ancora ritenuta al vertice nella produzione del vino della migliore qualità, ma è ormai evidente che gli acquirenti inglesi stanno man mano abbandonando l’Europa. I dati disponibili indicano che nessuno dei vini prodotti nel continente è in crescita. E questo nonostante la peggiore performance del 2015 spetti agli Stati Uniti, con un crollo di più di 50 milioni di euro. Al contrario, le cose vanno molto meglio in Cile e Argentina che hanno guadagnato rispettivamente 14 e 25 milioni di euro. Strabiliante la crescita collettiva di Australia e Nuova Zelanda: 67 milioni di euro nell’ultimo anno. Dev’esserci qualcosa nell’acqua (o nel vino?) degli antipodi.

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