Mdd, il coraggio di essere marca

Che cosa rende distintiva una marca? Nel mix dei tanti elementi che concorrono a costruire l’identità di un brand, un posto di rilievo ce l’hanno soprattutto la capacità innovativa e la strategia di comunicazione. Vediamo come si misurano, rispetto a questi due parametri, le Mdd italiane che rivendicano il posizionamento di brand sugli scaffali della nostra Gdo
Mdd, il coraggio di essere marca

È un fatto che la Mdd stia riprendendo a crescere: dopo un periodo di stallo, segna un aumento delle vendite dell’1,8% a valore e dello 0,9% a volume nei primi sette mesi dello scorso anno. Un risultato che, secondo lo studio realizzato da Iri per Marca 2017, l’annuale appuntamento dedicato alla marca del distributore in Italia, consegna alle private label una quota di mercato del 18,6% nel largo consumo confezionato e un risparmio annuale per i consumatori italiani di circa 1,7 miliardi di euro (generato grazie a un giro d’affari di 9,7 miliardi).

PREMIUM E BIO IN POLE POSITION – Sappiamo già, lo ripetiamo da tempo, che le migliori performance le stanno registrando i segmenti premium (+11,6%) e bio (+9,5%), ma la sensazione è che la spinta propositiva di molte catene si fermi lì, senza innovare più di tanto su altri fronti che potrebbero essere altrettanto produttivi.

L’INNOVAZIONE  PARLA (POCO) ITALIANO – Lo stimolo a riflettere su cosa fare (in più e meglio) perché la Mdd svolga a tutti gli effetti il ruolo di marca che rivendica, arriva da una bella ricerca effettuata da Xtc World Innovation passando in rassegna i prodotti a marchio delle più importanti catene europee e nordamericane, rilevati tra giugno 2015 e giugno 2016. Colpisce innanzitutto il dato sulla volontà delle insegne di competere proprio sul fronte dell’innovazione: fatto 100 i prodotti lanciati sul mercato europeo e americano nell’anno preso in esame, il 19,2% porta la firma della distribuzione (solo un anno prima la percentuale era del 17,3%). L’analisi diventa però più ‘scomoda’ quando si scende nel dettaglio dei singoli paesi. Quel 19,2%, infatti, è il dato che deriva facendo una media tra i paesi più virtuosi (senza contare la Svizzera che arriva a un 58,2% di innovazione della Mdd superando addirittura l’industria di marca, citiamo il 20,8% di Francia e Uk) e quelli più arretrati, tra i quali figura purtroppo l’Italia. Fatte 100 le innovazioni lanciate nel nostro Paese, quelle firmate Mdd si fermano al 5,3 per cento. Senza entrare nell’annosa polemica di cosa sia vera innovazione e cosa no (diatriba mai risolta tra industria e distribuzione), va comunque rilevato che la capacità innovativa dei nostri marchi d’insegna è molto più bassa rispetto a quelli esteri. Un fronte sul quale occorre lavorare di più, concentrandosi su ambiti che stanno già dando buoni frutti all’estero.

MDD, I TREND EMERGENTI – Nell’analisi di Xtc emergono indicazioni preziose. Intanto 6 innovazioni su 10 lanciate dalla Mdd sono una risposta ai bisogni dei consumatori di essere maggiormente gratificati a livello di gusto, ma sono in crescita (e hanno un enorme potenziale di sviluppo) quelle che rispondono alla domanda di salute e benessere, di praticità ed eticità. Fa piacere notare, tra l’altro, che tra gli esempi di prodotto a marchio più innovativi censiti da Xtc figuri la linea Bene.sì di Coop Italia, nata proprio per rispondere alla crescente domanda di prodotti funzionali e free from.

In sintesi, sembra che le nuove proposte della Mdd europea si stiano spostando dall’offerta di un buon rapporto qualità/ prezzo a quella (più consona a un brand) di un buon rapporto beneficio/prezzo, dove il concetto di beneficio è più complesso perché in parte arbitrario ed è il risultato di un particolare mix di piacere, salute ed etica. Rispondere a questa domanda è una sfida coraggiosa, alla quale però non si può sottrarre chi ambisce a un futuro da brand leader.

COMUNICARE Sì MA NON SOLO IL PREZZO – Come non si può sottrarre a un salto di qualità sul fronte della comunicazione. Non si può pretendere il ruolo di marca e continuare a incentrare il grosso della propria comunicazione sul prezzo. Anche su questo fronte, però, un segnale positivo l’abbiamo visto. La recente campagna natalizia Conad, firmata dal grande Pupi Avati, segna a nostro avviso un vero punto di svolta. Nei filmati non si vede il negozio, non si vedono prodotti. Si parla solo di valori. E lo si fa con grande eleganza, dribblando abilmente il pericolo (altissimo in queste cose) di diventare retorici o, peggio ancora, banali. Lo spot racconta di bambini, fiducia, porte aperte. Corre con coraggio sul filo sottilissimo che separa la poesia dal luogo comune e, grazie a una regia che non ha bisogno di commenti, atterra sul versante giusto, quello della bellezza. Quello, appunto, che si addice a un brand.

Maria Cristina Alfieri

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