Breakfast in America, cereali addio?

Proteine contro carboidrati. Locali pubblici contro casa. Il nuovo terreno di scontro tra i colossi dell'alimentare americano è la prima colazione
Breakfast in America, cereali addio?

I macrotrend che emergono dagli Stati Uniti finiscono sempre per avere qualche riflesso anche nel resto del mondo. Ma se anche si fermassero all’interno dei confini nazionali, si tratterebbe comunque del più ricco e ambito mercato mondiale, almeno finche non ci sarà il sorpasso cinese. Gli attori emergenti in questa contesa, racconta il Wall Street Journal in una lunga analisi, sono gli alimenti maggiormente proteici, sempre più ricercati anche a colazione dai consumatori americani. Chi ne fa le spese (big loser, come lo chiama il Wsj) sono un classico della cultura alimentare a stelle e strisce: i cereali.

Imposti su molti mercati mondiali dalle grandi firme del settore – Kellog’s in primis ma anche General Mills (marchio Fitness in joint venture con Nestlè), vedono in patria restringersi il loro mercato, pur sempre da 10 miliardi di dollari ma in declino, e ammettono che il consumatore sta cambiando gusti e preferenze. Insomma, il nuovo trend alimentare sembra prediligere le proteine rispetto ai più classici carboidrati, demonizzati un po’ ovunque nel mondo occidentale perchè considerati più calorici e nemici della linea. Un trend che le grandi catene di fast food vorrebbero intercettare pienamente, contando sul fatto che la giornata per coloro che lavorano, soprattutto se sono donne lavoratrici con figli, si accorcia e il tempo va recuperato laddove si può. Le stime parlano infatti di 12 minuti di media per consumare la colazione, e “sorseggiare una spremuta d’arancia mentre si sfoglia il quotidiano” è un’abitudine sempre più desueta. Da qui l’intuizione delle grandi catene di fast food di proporre menu specifici per la colazione sempre più attraenti, sfruttando nel contempo la migliore marginalità intrinseca di questo pasto.

McDonald’s parte sicuramente avvantaggiata, avendo già un’offerta strutturata in questo segmento di giornata, dal quale ricava il 25% di tutto il suo fatturato e il 40% degli utili pre tasse, secondo i calcoli di Bernstein. Quasi metà dei profitti verrebbero dalla colazione. Quanto basta per ingolosire gli altri attori nel mercato, e tentare la stessa via anche fuori dai confini americani, come ha fatto la società anche in Italia con i McCafè. E allora Burger King ha iniziato a offrire un menù, anche a base di hamburger, a colazione, e così hanno fatto altre catene come Tsaco Bell, Wendy’s, Subaway. Non tutte hanno avuto risultati positivi subito, ma tutte hanno chiaro che nella fascia mattutina si gioca una partita importante, che vale già 47 miliardi di dollari. Devono solo convincere gli americani a consumare sempre più la colazione fuori casa, allettandoli sempre più.

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