I consumatori vogliono il vino “local”

Presentata a Vinitaly la ricerca IRI sui consumi di vino nella grande distribuzione, primo canale di vendita con 500 milioni di litri venduti nel 2016. I produttori temono il pericolo Brexit.
I consumatori vogliono il vino “local”

Gli italiani comprano vino soprattutto nei supermercati: nel 2016 hanno acquistato sugli scaffali 500 milioni di litri, spendendo un miliardo e mezzo di euro. E il 60% di questi acquisti è rappresentato dai vini con riferimento territoriale (Docg, Doc, Igt), il comparto che cresce di più: + 2,7% nel 2016 e + 4,9% nel primo bimestre 2017 (a volume). Si ricercano sempre più la qualità e i legami col territorio. Cantine e insegne della grande distribuzione sono pronte a migliorare la collaborazione per soddisfare questa domanda dei consumatori. E’ quanto emerge dalla ricerca dell’istituto IRI e dalla relazione su Brexit e Vino di Alex Canneti, Direttore delle vendite off-trade della Berkmann Wine Cellars di Londra, presentate a Vinitaly.

Le scelte dei consumatori

Diminuiscono gli acquisti dei bottiglioni da un litro e mezzo, dei vini sfusi, delle damigiane, e dei brik, mentre la bottiglia da 75cl è sempre più regina del mercato. I vini fermi sono più richiesti dei vini frizzanti, che probabilmente risentono del boom degli spumanti (+7% nel 2016). Crescono rapidamente anche i vini biologici, una proposta ancora di nicchia nella grande distribuzione. Cambiamenti influenzati anche dal graduale ricambio generazionale e dal rinnovato interesse dei giovani per il vino. Gli studi IRI evidenziano che l’86% dei consumatori è propenso a sperimentare nuovi prodotti, si informa sulle novità a scaffale, spesso sui siti web di settore (il 33%).

Produttori e distributori

Un rapporto, quello tra produttori e distributori, che è molto migliorato negli ultimi anni, ma è possibile fare di più, come ha ricordato Gabriele Nicotra, Direttore Acquisti Unes Supermercati (Gruppo Finiper): Persiste da parte di alcune cantine importanti una diffidenza verso la Grande distribuzione. Molti evitano una relazione diretta con le insegne distributive pur sapendo che a volte il loro prodotto ci arriva tramite canali non ufficiali. Questo è un peccato, soprattutto per il consumatore che ormai cerca anche i prodotti di pregio sugli scaffali dei supermercati. L’asse portante della collaborazione tra cantine e insegne distributive è rappresentato dalle imprese medie piuttosto che dalle grandi case vinicole, secondo Eugenio Gamboni, Direttore Commerciale del Gruppo Vegè: Un asse da consolidare, composto prevalentemente da piccole e medie imprese, legate da conduzioni familiari, a volte provenienti da generazioni, con le quali si discute e ci si confronta liberamente, distanti dal mondo molto più complesso della grande industria e delle multinazionali.

Pericolo Brexit

Tra le cantine espositrici a Vinitaly è affiorata la preoccupazione sulla incertezza sui mercati britannico e statunitense. Un tema affrontato da Alex Canneti della Berkmann Wine Cellars di Londra: “La Brexit è una sfida per le vendite dei vini italiani poiché l’Australia, il Sud Africa e la Nuova Zelanda saranno i primi Paesi a istituire trattati bilaterali con il Regno Unito. L’unica soluzione a questa minaccia è consentire al Regno Unito un periodo di 10 anni per condividere gli stessi oneri doganali dell’Unione e negoziare un trattato di libero commercio. Quindi tutto dipenderà da come evolverà il negoziato post Brexit tra UK e UE. Ma le potenzialità per l’export di vino italiano nella Grande distribuzione britannica (le insegne Majestic and Waitrose in primis) sono grandi – ha aggiunto Cannetinon solo per le bollicine, ma anche per il vino rosso. Pensiamo al Cannonau, al Passimento/Amarone, al Chianti Classico, al Veneto Classico e ai morbidi e succosi vini siciliani e pugliesi. Buone anche le prospettive dei nuovi bianchi di tendenza, come il Fiano, il Vermentino, il Pecorino e il Grillo. E non dimentichiamo il successo che si registra da anni delle ‘fantasy label’.

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