Nasce Adamo, la piattaforma di Plasmon per combattere la denatalità

L'azienda presenta il progetto insieme a un cortometraggio ambientato nel 2050. Da un'indagine, è l'incertezza economica a incidere maggiormente sulla scelta di avere un figlio
Nasce Adamo, la piattaforma di Plasmon per combattere la denatalità

Plasmon, realtà di rilievo nell’alimentazione per l’infanzia, lancia la piattaforma digitale per supportare la genitorialità in Italia, con l’obiettivo di formulare una proposta di legge sulla natalità. Invertendo un trend negativo che dura da decenni. Si chiama Adamo ed è un progetto realizzato dall’azienda in collaborazione con Fondazione per la Natalità. La strategia del brand dell’azienda Kraft Heinz per arginare il fenomeno delle poche nascite è quella di aprire un dialogo fra aziende e istituzioni, partendo da un portale (www.adamo2050.com). Qui qualsiasi utente può approfondire il tema con una serie di dati, raccolti tramite una ricerca commissionata da Plasmon e sottoscrivere la “Promessa di Adamo”, una sorta di patto per combattere la denatalità.

IL CORTOMETRAGGIO ADAMO

Dopo la registrazione sulla piattaforma, il piano Adamo prevede di raccogliere proposte concrete, dal mondo delle aziende e non solo. L’idea è metterle a fattor comune nella prossima edizione degli Stati Generali della Natalità, in programma a maggio. Dando continuità alle varie iniziative di Plasmon sul tema, già frutto di recenti intese sindacali a favore della genitorialità in azienda: come per esempio l’estensione del congedo di paternità, portato a 60 giorni invece che 10, secondo i dettami di legge. Il “nuovo” progetto è stato presentato qualche giorno fa a Milano, insieme a un cortometraggio, “Adamo”, ideato da Dude e diretto da Beppe Tufarulo. Questo contenuto provocatorio, proiettato nelle sale dell’Anteo Palazzo del Cinema, conduce lo spettatore nel 2050, in uno scenario dove la scelta di avere un figlio rischia di diventare ancor più complicata, quasi unica.

IL COMMENTO DI PLASMON

Per aiutare il Paese e invertire il trend della denatalità è fondamentale unire tutte le forze e fare in modo che aziende e istituzioni lavorino insieme – ha commentato Konstantinos Delialis, Managing director Italia Plasmon –. Proprio per questo motivo, abbiamo deciso di lanciare il progetto Adamo, per riuscire a mettere intorno allo stesso tavolo chi ha la possibilità di fare qualcosa di importante per il Paese. Come Plasmon, ci siamo impegnati da tempo con iniziative concrete per crescere insieme il futuro dell’Italia, e oggi vogliamo fare un passo in avanti verso una genitorialità valorizzata in azienda e supportata sia a livello organizzativo sia economico, con l’obiettivo di poter garantire a tutti, qualora lo desiderino, la possibilità di diventare genitori”.

LA RICERCA CON L’UNIVERSITÀ DI PADOVA

Il progetto prende le mosse da una ricerca, “Figli: una ricchezza onerosa”, commissionata da Plasmon e condotta da Community Research & Analysis sotto la direzione di Daniele Marini (Università di Padova). Una parte dello studio, applicato su un campione rappresentativo della popolazione nazionale, dimostra che, al di là degli ostacoli odierni, c’è ancora voglia di essere genitori. Il 53,7% degli italiani vive il contesto attuale come altamente “incerto” e problematico, tale da incutere “timore” per il futuro (37,3%). Ma, nonostante ciò, più di un individuo su due (57,4%) ha almeno un figlio e un terzo degli intervistati vorrebbe avere altri bambini (34,3%). Fra quelli che non hanno figli (42,6%) invece, il 40,4% vorrebbe averne uno.

Ciò che fa riflettere maggiormente riguarda nello specifico le ragioni che spingono gli italiani a non avere figli. Queste sono legate prevalentemente alla sfera economica (i costi), e a quella lavorativa (timori di perdere il lavoro) e organizzativa (carenza di servizi per le famiglie), indicate da più di un italiano su due (53,5%). Analizzando con precisione le cause, secondo gli italiani, i costi da sostenere per mantenere la famiglia sono il motivo principale che li spinge a non fare figli (69,2%). Ma ad impedire la genitorialità ci sono anche la paura di perdere il lavoro o avere conseguenze professionali negative (60,2%), oltre che la carenza di servizi per le famiglie con figli (55,1%).

© Riproduzione riservata