Agridè: nessuna concorrenza sleale sul packaging

Agridè: nessuna concorrenza sleale sul packaging

Il Tribunale di Bari respinge l’accusa di “look alike” nei confronti dell’azienda olearia
Agridè: nessuna concorrenza sleale sul packaging

Il Tribunale delle Imprese di Bari ha emesso una sentenza storica (pubblicata il 12 maggio 2025 e ormai passata in giudicato) a favore di Agridè, azienda pugliese specializzata nella produzione di olio extravergine d’oliva per la grande distribuzione. La decisione respinge integralmente le accuse di concorrenza sleale per presunta imitazione del packaging (il cosiddetto “look alike”) mosse da un’azienda concorrente, stabilendo un precedente significativo nel diritto commerciale.

La controversia verteva sull’accusa che Agridè avesse copiato forma, colori e stile dell’etichetta di un prodotto rivale, violando l’articolo 2598 del Codice Civile. Tuttavia, il Tribunale ha smantellato le accuse, escludendo qualsiasi rischio di confusione per il consumatore.

ELEMENTI “NON DISTINTIVI”

La motivazione della sentenza ha evidenziato come gli elementi grafici contestati – tra cui la bottiglia tondeggiante, il tappo e lo sfondo gialli, le scritte rosse e una decorazione a tema ulivo – non fossero né originali né distintivi. Al contrario, sono stati riconosciuti come elementi largamente diffusi sugli scaffali della Gdo. Di conseguenza, il Tribunale ha escluso la sussistenza di un’imitazione servile o di un’appropriazione di pregi.

IL “LEGAL DESIGN” CONVINCE I GIUDICI

Un elemento decisivo per la vittoria di Agridè è stato l’innovativo approccio di legal design adottato dal team legale di Trevisan & Cuonzo, composto dal partner Vincenzo Acquafredda e dai counsel Domenico Anacleto e Roberta Stasi. La difesa ha creato uno “scaffale virtuale” che ha ricostruito il contesto reale della grande distribuzione. Questo strumento ha permesso di mostrare visivamente come gli elementi grafici in questione fossero comuni a numerosi altri marchi presenti sul mercato.

Il giudice ha così potuto valutare il caso nel suo “ambiente di consumo naturale”, anziché come un confronto isolato tra due prodotti, confermando l’assenza di confondibilità. Questa sentenza si allinea alle più recenti decisioni in materia di “look alike”, che tendono a riconoscere come forme, colori e grafiche ricorrenti non siano di per sé tutelabili se ampiamente condivisi nel settore. La giurisprudenza moderna sottolinea che, in un mercato visivamente affollato, solo un’identità di prodotto marcata e univoca può generare reale confusione nel consumatore.

Vincenzo Acquafredda, Partner di Trevisan & Cuonzo, ha commentato la decisione sottolineandone l’importanza: “Questa decisione riafferma un principio fondamentale in tema di concorrenza sleale: il rischio di confusione tra prodotti deve essere valutato tenendo conto del contesto reale in cui il consumatore effettua le sue scelte. Nel caso dell’olio extravergine d’oliva destinato alla Gdo, il mercato è fortemente affollato da prodotti visivamente simili, e gli elementi grafici rivendicati dalla controparte non erano né distintivi né originali. Il Tribunale ha riconosciuto che differenze anche minime possono risultare sufficienti a evitare confusione, laddove non esista una specifica riconoscibilità di brand“.

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