Caffè al bar croce o delizia per i consumatori?

Alla puntata di Report dedicata alla 'tazzina' rispondono a Foodweb alcuni importanti operatori del settore
Caffè al bar croce o delizia per i consumatori?

Ha creato molte polemiche la puntata del 7 aprile scorso della trasmissione televisiva Report. L’inchiesta della settimana, curata dal giornalista Bernardo Iovene, aveva come obiettivo di mettere in luce la qualità del caffè che beviamo nel nostro Paese, la professionalità dei baristi, la purezza delle miscele utilizzate e il peso delle aziende di torrefazione sul consumo di questo prodotto.

Nell’ambito dell’inchiesta la troupe di Report ha visitato alcuni bar di Napoli insieme ad Andrej Godina, socio e Master Barista della Speciality Coffee Association of Europe–SCAE. In pratica, è stato simulato il tipico giro turistico del centro, dalla stazione ferroviaria a Piazza del Plebiscito. Questo itinerario prevedeva la visita allo storico caffè Gambrinus, uno dei vanti della città partenopea. Ebbene, Godina ha assaggiato l’espresso preparato e l’ha stroncato: “È molto amaro, poco dolce. Non è acido, è astringente. Sento sentore di noce, paglia, sentori leggeri di terra”, queste le parole dell’esperto.

Le dichiarazioni di Godina, così come altri aspetti affrontati dall’inchiesta, quali l’origine delle miscele di alcune aziende, provenienti, per esempio, dal Vietnam, paese che propone il caffè a prezzi bassi, a discapito della qualità, hanno scatenato un fiume di polemiche.

Immediata la reazione delle torrefazioni, che hanno rimandato al mittente le accuse, focalizzando l’attenzione sulla professionalità degli esercenti. “La preparazione medio-bassa del barista italiano non è una novità ed è uno dei punti al centro dell’azione dell’Istituto Nazionale Espresso Italiano (INEI) – ha dichiarato il presidente Luigi Zecchini –. Da parte nostra ogni anno facciamo formazione a centinaia di operatori del settore con investimenti ingenti in termini di personale e risorse. Inoltre, dal 1998 le aziende aderenti a Inei hanno adottato per una grandissima parte delle loro miscele la certificazione sensoriale di prodotto. Questo perché valutare e certificare la qualità del prodotto finito, del caffè in tazza, è il modo più efficace per garantire il consumatore».
Peraltro, molti addetti ai lavori hanno giudicato positivamente l’inchiesta di Report, se non altro, come ha affermato Moreno Faina, direttore dell’Università del Caffè illy, “per la sua utilità nel sensibilizzare la filiera sul concetto di qualità. E bisognerebbe parlare di qualità del prodotto, qualità della torrefazione e qualità del servizio. Se in questi tre passaggi, la qualità rimane a un livello buono/ottimo e costante abbiamo fatto un primo passo per far conoscere e proporre al cliente-consumatore un caffè espresso eccellente”.

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