Thai Union, il gigante del tonno a caccia anche di marchi italiani?

La società di Bangkok proprietaria in Italia del brand Mareblu vuol proseguire con l’aggressiva campagna di acquisizioni degli ultimi anni. Obiettivo marchi europei e americani
Thai Union, il gigante del tonno a caccia anche di marchi italiani?

Passata la burrasca del golpe militare, le più grandi aziende thailandesi hanno ricominciato a progettare il futuro e tra queste una delle più importanti e aperte ai mercati internazionali è Thai Union Frozen Products, gigante del settore ittico proprietario in Italia del marchio Mareblu. Che è a caccia di ulteriori acquisizioni sui mercati occidentali, dove vuole consolidare ulteriormente la sua presenza grazie all’acquisizione di ulteriori marchi, come spiega in un’analisi il Financial Times. Thai Union, poco o nulla conosciuta in Italia nonostante, come si è detto, sia proprietaria di Mareblu, è già un colosso mondiale del settore ittico, con ricavi consolidati all’incirca pari a 3 miliardi di euro nel 2013 e utili per quasi 80 milioni. Metà del suo giro d’affari arriva dal tonno in scatola, seguito dai gamberi, di cui la Thailandia è maggior esportatrice mondiale, il salmone e perfino il petfood, con stabilimenti che vanno dal Portogallo alla Papua Nuova Guinea, dall’Africa all’inghilterra. Suoi alcuni marchi celebri in Europa nel tonno come John West in Inghilterra, Petit Navire in Francia, Chicken of the Sea negli Stati Uniti e, come s’è detto Mareblu in Italia, frutto di un giro precedente di acquisizioni. Lo scorso anno la società si è dedicata al salmone, acquisendo la norvegese King Oscar, la francese Mer Alliance per tornare poi al tonno con l’accordo per acquisire l’americana Bumble Bee seafoods per un miliardo e mezzo di dollari (1,3 miliardi di euro), il secondo produttore americano che si aggiungerà, se l’Antitrust darà il suo placet, a Chicken of the Sea che occupa già la terza posizione. Bumble Bee è stata valutata ben il 50% di più di quel che l’aveva pagata il private equity Lion Capital solo quasi cinque anni fa e questo dà il senso di quanto Thai Union sia focalizzata sulla crescita ad ogni costo, con l’obiettivo di arrivare a 8 miliardi di dollari di fatturato entro il 2020 come ha dichiarato il suo presidente Thiraphong Chansiri della omonima famiglia proprietaria. Ovvero sostanziamente il raddoppio rispetto a quanto prodotto adesso, e con una marginalità che dovrebbe crescere più che proporzionalmente, grazie a marchi premium da mettere in rete.

Un piano di sviluppo esorbitante, che tornerà adesso a lambire l’Europa se non è un caso l’interesse della famiglia Chansiri per acquisire la squadra di calcio inglese dello Sheffield Wednesday. Autopromozione per consolidare le relazioni sul mercato inglese e continentale, in attesa delle prossime mosse che non mancheranno di preoccupare anche i player nostrani come Bolton (Rio Mare, Palmera, Saupiquet) o spagnoli quali il grupo Calvo, attuali leader continentali. Non è dato sapere al momento quali siano le prede messe nel mirino da Thai Union: quel che è certo è che la crescita del gruppo basato a Bangkok sarà repentina e per acquisizioni sul ricco mercato europeo dopo aver consolidato quello americano.

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