Convegno Kpmg, ecco come si tutela il made in Italy all’estero

Le ricette per la competizione sui mercati esteri all'evento organizzato dalla società di consulenza in collaborazione con il Gruppo Food al Padiglione Cibus è Italia
Convegno Kpmg, ecco come si tutela il made in Italy all’estero

Il fenomeno dell’Italian sounding ha raggiunto nel 2014 la cifra record di 60 miliardi di euro di giro d’affari incidendo per il 25% sull’export agroalimentare italiano, mentre la contraffazione si è attestata sui 6 miliardi di euro. Alla luce di questo scenario, quali strumenti hanno le aziende italiane per difendere i loro prodotti sui mercati internazionali? Nel corso del convegno “Export e tutela del Food made in Italy” organizzato da Kpmg in collaborazione con il Gruppo Food, Fiere di Parma e Federalimentare  alcuni imprenditori e manager si sono interrogati su come valorizzare e proteggere i prodotti alimentari italiani, che dal 2007 al 2014 hanno registrato un incremento nelle esportazioni di quasi il 50 per cento.

I dati presentati da Massimo Fabio, partner di Kpmg dimostrano che le opportuntià di crescita del food italiano all’estero sono ancora notevoli e che gli strumenti per proteggerlo dalle imitazioni e dalle contraffazioni ci sono a partire dal ricorso al diritto internazionale e doganale. “per tutelarsi dalle imitazioni le aziende italiane possono ricorrere alla via istituzionale attraverso gli accordi bilaterali  – dichiara Fabio – ma possono anche attivare delle campagne informative di comunicazione per educare il consumatore”.

Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare invece cita l’esperienza di Expo definendola un’occasione unica di business per le aziende italiane, che hanno avuto la possibilità di mostrare il loro modello produttivo ai buyer di tutto il mondo.

“Oggi i detrattori saltano sul carro del vincitore – ha detto provocatorio Scordamaglia – ma noi di Federalimentare, insieme a Fiere di Parma, ci abbiamo creduto fin dalla prima ora, dando voce alle esperienze delle aziende italiane che intendono crescere sui mercati internazionali”. Sulle sfide future che i produttori dovranno affrontare nella competizione globale Scordamaglia ammette che non esiste una ricetta vincente, ma modelli di business che funzionano, che però presuppongono formule di aggregazione.

Antonio Cellie, ad di Fiere di Parma ha ricordato a questo proposito che “il 70% dell’export è fatto dall’1,2% delle aziende”, ribadendo l’importanza di fare rete per presidiare i mercati emergenti oltre a quelli già consolidati.

Nel corso della tavola rotonda si sono alternati nel dibattito alcuni importanti imprenditori e manager del food nazionale, che negli anni hanno saputo costruire dei modelli di successo sui mercati internazionali, spingendo anche su attività di comunicazione particolarmente innovative.

Massimo Tuzzi, direttore generale di Zonin 1821 conferma che per affrontare meglio la competizione internazionale, serve più capacità di aggregazione anche attraverso nuove modalità di promozione.

“Per superare il concetto demagogico del ‘piccolo è bello’ – spiega l’executive – abbiamo deciso di promuovere l’aggregazione tra le imprese del nostro settore che da sole non avrebbero potuto competere. Grazie alla nostra esperienza maturata sui mercati internazionali abbiamo invitato in Italia chef, sommelier e giornalisti provenienti da tutto il mondo per  visitare le aziende e conoscere le varie fasi della filiera.  Sarebbe opportuno che le istituzioni supportassero questo tipo di iniziative attraverso sgravi fiscali o investimenti dedicati”.

Gli fa eco Marco Lavazza, vice presidente di Lavazza, che ribadisce l’importanza di presentarsi all’estero uniti, invitando le istituzioni a non elargire investimenti a pioggia, ma a pianificare e scegliere i progetti più efficienti.

“Per spingere il made in Italy – aggiunge Stefano Agostini, ad di Sanpellegrino, marchio ambasciatore del made in Italy ante litteram nel settore delle acque minerali – può essere sicuramente efficace presentarsi insieme, anche tra settori trasversali, come portatori di valori unici”.

Alberto Auricchio, ad dell’azienda casearia specializzata nella produzione di formaggi dop, rileva inoltre che per ottenere dei risultati concreti nei negoziati internazionali bisogna abbandonare le prese di posizione come l’imposizione del divieto assoluto di commercializzare e produrre prodotti imitativi, che hanno una posizione ormai conosolidata difficile da sradicare (vedi parmesan & co.). “Ritengo più utile – ha detto Auricchio – realizzare iniziative che mettano il consumatore nelle condizioni di riconoscere il prodotto originale. La sfida è spingere le eccellenze del made in Italy perché confrontarsi sul terreno del prezzo non è la strategia vincente”.

“La nostra caratteristica distintiva – concorda Lavazza – è valorizzare e promuovere l’alta qualità del prodotto italiano, per questo Lavazza in qualità di marchio storico e famigliare, ha scelto di legarsi a eventi di portata planetaria come Wimbledon, Roland Garros e di attivare partnership di pregio con il museo Guggenheim di New York”.

Anche per il Pastificio Rana la comunicazione è una leva strategica per promuovere il modello alimentare italiano fuori dall’Italia. “La nostra  strategia – spiega il presidente Giovanni Rana, che è stato il primo imprenditore-testimonial della propria azienda – funziona bene anche all’estero: abbiamo replicato il modello nel Regno Unito, in Francia e persino negli Stati Uniti, dove abbiamo delocalizzato la produzione e dove i nostri prodotti sono presenti nelle principali catene del Paese”.

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