Promozioni, come crescere senza abusarne

Un recente studio Nielsen evidenzia che i retailer che hanno ridotto la pressione promozionale nel 2015 hanno aumentato le vendite a parità di rete
Promozioni, come crescere senza abusarne

È una buona notizia ed è una novità per il mercato. Crescere limitando le promozioni si può e i dati Nielsen (finalmente) lo confermano.

I RISULTATI DELLA RICERCA  – L’ha dimostrato un recente studio presentato ai vertici delle più importanti imprese del largo consumo, nel quale si legge a chiare lettere che i retailer che hanno ridotto la pressione promozionale nel 2015 (una riduzione di circa 1,4 punti – dal 31,2 al 29,8% con picchi di -4 punti) hanno registrato una crescita annua delle vendite del +0,7% a parità di rete. Non solo. I 15 gruppi su 25 che hanno ridotto la percentuale di vendite fatta in promozione hanno visto alzarsi complessivamente il livello di fedeltà con picchi di oltre due punti di share of wallet. Dopo anni di riflessione sulla necessità di uscire dalla spirale delle promozioni che ha distrutto valore in intere categorie di prodotto (basti pensare a cos’è successo nel mercato dell’olio), i consumatori hanno dimostrato di essere andati oltre una politica di prezzo che ha perso di efficacia nel tempo. La domanda ha dimostrato di non essere più appiattita sul basso prezzo, ma di premiare con le sue scelte d’acquisto chi punta sul servizio e sull’innovazione.

L’INNOVAZIONE NELL’INDUSTRIA …- Tra i top player del mercato (è ancora Nielsen a confermarlo) cresce di più chi ha lanciato novità di prodotto. Non è un caso, a questo proposito, che a trainare le vendite sia il largo consumo confezionato (in particolare nell’area del salutistico/benessere) a scapito del fresco a peso variabile: l’innovazione ha saputo imporre nuove proposte che rispondono a un bisogno di qualità in passato espressa dal fresco, diventando il vero motore della crescita. La centralità dell’innovazione, tra l’altro, trova conferma anche in un’indagine realizzata da un team di ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, commissionata da Fiere di Parma in occasione di Expo 2015. Prendendo a campione 448 imprese di 13 comparti dell’alimentare con un fatturato aggregato di oltre 62 miliardi di euro, i ricercatori hanno selezionato 120 ‘campioni’ per performance economiche (con un Ebitda del 2,5% superiore alla media del settore) e li hanno intervistati per capire quali fossero i driver del loro successo. Le 3 parole chiave uscite dall’indagine sono state: innovazione, qualità e tradizione. Per far fronte alla crisi, i campioni del made in Italy hanno investito con forza in ricerca e sviluppo per lanciare nuovi prodotti, per loro ancora più importanti della necessità di recuperare efficienza. All’ultimo posto della loro lista di priorità c’è la diversificazione: sono tutte imprese molto focalizzate sul core business, con la ‘testa’ in giro per il mondo, a esplorare nuovi mercati, e i ‘piedi’ ben piantati nella filiera, nel territorio. Innovazione, qualità e tradizione. “I nostri impianti produttivi sono qui – scrivono nell’introduzione del saggio Gian Domenico Auricchio e Antonio Cellie -. Le nostre imprese sono guidate dalle nostre famiglie. I nostri prodotti sono spesso espressioni dei nostri territori. Le competenze distribuite e integrate lungo la filiera. È un modello imprenditoriale antropologicamente unico, dove la qualità viene sempre prima della redditività”. E dove qualità significa proprio capacità di innovare nel solco della trazione.

….. E NEL RETAIL – Vale la pena notare che la stessa capacità innovativa ha premiato anche le imprese del retail. “In un contesto di mercato in cui le performance delle catene distributive hanno oscillato da un 9% a un -9,5% like4like – ha sottolineato Romolo De Camillis, retail director di Nielsen – sono stati premiati con una crescita di fatturato del 5,7% quei punti vendita che hanno introdotto elementi innovativi per migliorare servizi e qualità dell’offerta”.

LA SFIDA DELL’E-COMMERCE – Approfittiamo di questo dato per sottolineare, ancora una volta, come il coraggio di innovare non dovrebbe fermarsi qui: la grande sfida da affrontare adesso si chiama e-commerce. Mentre all’estero si stanno già rivendendo i format dei negozi in funzione dei cambiamenti che la multicanalità impone (riducendo gli spazi per la spesa ‘basica’ a favore delle aree esperienziali e di servizio), noi stiamo ancora valutando test e progetti pilota. Nel frattempo Amazon è diventata l’insegna meno cara rispetto a 26 competitor bricks&mortar (fonte Nielsen) e ha ampliato l’assortimento portandolo a 24mila referenze e 900 fornitori. Perché temporeggiare ancora?

di Maria Cristina Alfieri

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