Brexit, la sterlina debole costa cara agli inglesi

Nei supermercati britannici i prezzi dei prodotti alimentari registrano continui aumenti. E intanto crollano gli acquisti di olio d’oliva italiano
Brexit, la sterlina debole costa cara agli inglesi

A otto mesi dal referendum che ne ha sancito l’uscita dall’Unione Europea, l’economia britannica mostra alcuni evidenti segnali di difficoltà. Se infatti ancora nulla è cambiato dal punto di vista legale, l’annuncio ha determinato un calo della sterlina di circa il 15% sul dollaro e del 12% sull’euro. Tutt’altro che un crollo, dunque, ma quanto basta per rallentare la crescita del Pil di ben 0,7 punti rispetto alle aspettative, attestandola a quota +2,2%. Per i consumatori d’Oltremanica, del resto, il vero problema è che questa svalutazione ha provocato una cosiddetta inflazione importata, con un rincaro significativo dell’offerta alimentare nei supermercati. Secondo un sondaggio commissionato da Channel 4, i prezzi di alcune categorie di uso quotidiano sono aumentate in media del 5%, all’interno di insegne leader come Tesco, Morrison’s, Sainsbury’s e Asda. Un nuovo incentivo, insomma, anche per la corsa dei discount tedeschi nel market share.

SCONTRINI PIU’ PESANTI – Tra gli scaffali di Tesco, per esempio, il prezzo della farina è cresciuto del 6,1%. Da Sainsbury’s, invece, le verdure surgelate costano il 5,5% in più. Asda, nel contempo, ha registrato un incremento del 6,6% nella battuta di cassa delle bottiglie di succo fresco, mentre le vaschette di gelato da Morrison’s sono più care dell’8,2%. Sulla tendenza rialzista dei prezzi di frutta e verdura incide ovviamente anche il cattivo tempo in Spagna e le gravi conseguenze sui raccolti, oltre a un aumento nel costo dei carburanti.

LO SCENARIO – Ma, secondo gli analisti, la diminuzione del potere d’acquisto è un fattore destinato ad acutizzarsi in futuro, quando la sterlina potrebbe scendere a 1,05 sull’euro, oppure raggiungere addirittura la parità. Uno scenario complesso, soprattutto se si considera che la Gran Bretagna è un Paese importatore e quasi la metà dei prodotti alimentari arrivano dall’estero. Per l’agroalimentare italiano, quindi, c’è in gioco un giro d’affari che nel 2016 è arrivato a 3,2 miliardi di euro, tra food & beverage.

GLI EFFETTI SULL’OLIO ITALIANO –  Intanto, a pagare un conto già salato per gli effetti della Brexit ci sono anche le esportazioni di olio made in Italy, crollate del 13% dopo l’esito del referendum. A pesare sugli acquisti, che nel 2015 avevano registrato un fatturato di 57 milioni di euro, c’è sicuramente il rapporto di cambio sfavorevole, tale da indurre tanti inglesi a ripiegare su oli alternativi, come quello di girasole.

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