Granarolo apre la prima filiale in Cina

La presenza diretta sul territorio consentirà al gruppo lattiero caseario italiano di dare ulteriore impulso allo sviluppo commerciale sui mercati dell’Est asiatico
Granarolo apre la prima filiale in Cina

Negli ultimi cinque anni il mercato cinese ha registrato un tasso medio di crescita delle importazioni di beni alimentari superiore al 20% e si stima che entro il 2018 possa diventare il maggiore mercato di importazione di generi alimentari con un valore di oltre 80 miliardi di dollari  (Fonte:AFI, Associations of Food Industries). Anche su queste solide basi poggia la decisione di Granarolo, già oggi tra i maggiori esportatori italiani in Cina nel settore lattiero caseario per quanto riguarda latte uht, mascarpone e formaggi (mozzarelle), di aprire una filiale a Shanghai, cuore commerciale del principale paese asiatico.

Per il principale operatore agroalimentatare a capitale interamente italiano  si tratta – si legge nella nota aziendale – di “un primo passo verso ulteriori possibilità di investimento e sviluppo sul mercato cinese, caratterizzato da un’importante domanda di prodotti alimentari (latte e derivati) che rispondano a elevati requisiti, in particolare sotto il profilo della sicurezza alimentare, oltre che sotto il profilo della qualità e della genuinità”.

Il Gruppo Granarolo, dopo il ‘Sial Shanghai’ del 2013, ha partecipato in questi giorni alla fiera internazionale dell’alimentare ‘World of Food Beijing’ per presentare i brand Granarolo, Yomo e Yomino e l’intera gamma dei prodotti made in Italy, con l’obiettivo di premere sull’acceleratore dello sviluppo del business sul mercato dell’Asia Orientale.

In Cina per il momento l’azienda presidia il canale foodservice e alcuni big del retail locale come Olé e City Super confidando in particolare nel grande potenziale di crescita del latte uht e del latte per bambini, ma anche dei formaggi (stagionati e non). Mercato quest’ultimo che dovrebbe consentire una maggiore propulsione all’internazionalizzazione del gruppo, che è passato nel giro di due anni dal 4 al 14% di quota di export sul fatturato.

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