Food&beverage, le previsioni di Iri per il 2015

La società di ricerca prevede un moderato recupero sia dei livelli di spesa che degli acquisti a volume, dietro l'ipotesi che le pressioni sul fronte economico tendano ad attenuarsi
Food&beverage, le previsioni di Iri per il 2015

Con il 2014 si conclude un ‘biennio nero’ che in due anni ha visto ridursi di oltre 2 punti percentuali i volumi acquistati all’interno del largo consumo confezionato, pari a minori ricavi per la filiera per circa 520 milioni di euro. Già perchè le tendenze per l’anno in corso sono più rassicuranti: nel 2015 Iri prevede un’inversione del trend negativo sui volumi che sarà comunque graduale e di moderata entità. Dando uno sguardo ai comparti che compongono la spesa delle famiglie nei settori di alimentari e bevande è possibile osservare però delle differenze che nascondono un comportamento d’acquisto teso a preservare il budget familiare salvaguardando le priorità di consumo.

In particolare l‘alimentare secco, (drogheria alimentare) che è alla base del carrello della spesa mantiene quest’anno i livelli di volume acquistati nel 2013, grazie anche all’arresto dell’inflazione settoriale. Per il 2015 ci attendiamo una pur moderata ripresa degli acquisti. I prezzi cresceranno leggermente (+0,4%) come risultato delle pressioni su alcune materie prime alimentari bilanciate dall’altissimo grado di concorrenzialità fra imprese produttrici e fra distributori. Per gli alimentari freschi confezionati (salumi, formaggi, carni, ecc.) si prevede invece ancora una limatura dei volumi acquistati, a causa dell’inflazione di nuovo relativamente elevata. Questo spesso ne limita la competitività rispetto al prodotto fresco sfuso/non confezionato.

L’ortofrutta a peso imposto recupererà volumi attorno al +1% ‘ereditando’ il vantaggio competitivo ottenuto nel 2014 attraverso il marcato riposizionamento in basso dei prezzi medi (-3,5%). Infatti, i rincari previsti per l’anno successivo saranno comunque limitati entro il punto e mezzo percentuale.

Gelati e surgelati sono la voce dell’alimentare che nel corso degli ultimi due anni più ha subito i contraccolpi della crisi di domanda a cui si sono aggiunte le negatività generate dalle anomalie del clima (ricordiamo a titolo d’esempio l’estate disastrosa dal punto di vista meteorologico che ha fortemente influenzato la richiesta di gelati). Per il 2015 ci aspettiamo un’inversione della tendenza a fronte di uno «stop» dei prezzi.

Il comparto delle bevande dissetanti è in forte caduta nell’ultimo biennio: questa è una delle voci dove il consumatore ha maggiormente «razionalizzato» il proprio basket di spesa. Qui hanno agito in forma combinata sia fattori legati al reddito, sia la relativamente alta crescita dei prezzi e, per ultimo, le stesse anomalie climatiche che hanno compromesso il mercato nel pieno della stagione estiva. Tuttavia parte del calo è strutturale e ascrivibile al cambiamento dello stile di vita delle famiglie che sta penalizzando soprattutto il mondo delle bevande gassate. In questo anche il progressivo invecchiamento della popolazione gioca un ruolo non trascurabile nel lungo periodo. Per il prossimo anno ci aspettiamo un calo più limitato (sempre al netto di possibili anomalie del clima) anche grazie al raffreddamento dei prezzi medi al dettaglio.

Vini e alcolici a loro volta chiudono un biennio molto sfidante che ha comportato un ridimensionamento dei volumi venduti di circa 6 punti percentuali. L’elevata inflazione al consumo, determinata in buona parte dai ripetuti interventi fiscali, è stata il fattore esplicativo principale, che ha aggravato il calo strutturale dei consumi di bevande alcoliche. Attraverso l’ipotesi di assenza di nuovi inasprimenti della tassazione nel 2015, con conseguenti ovvie ripercussioni sui prezzi al dettaglio, ci attendiamo un calo decisamente più moderato degli acquisti in volume.

Condizione imprescindibile per innescare un nuovo ciclo di fiducia per le famiglie sulle prospettive del proprio potere d’acquisto, con ovvi benefici sui consumi, è il miglioramento della situazione occupazionale. Se non dovesse esserci una ripresa del mercato del lavoro, anche i segnali positivi registrati dai consumi verrebbero vanificati.

 

Fonte: IRI

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