Il Caprotti segreto #1

Un aneddoto, noto a pochi, la dice lunga sul fiuto che aveva il re dei supermercati italiani. E alcuni retroscena poco conosciuti confermano il suo carisma e il suo perfezionismo
Il Caprotti segreto #1

di Paolo Dalcò

Un giorno va a Verona per visitare la fabbrica di Giovanni Rana. Un giovane lo accompagna a vedere come fanno la pasta ripiena e poi la confezionano. Bernardo Caprotti si fa dare il nome e il telefono. Il giorno dopo lo chiama per offrirgli il posto nella nuova fabbrica a Pioltello dove si produrranno i tortellini per la sua marca privata. Insiste per averlo, quel giovane così appassionato e intraprendente. Rilancia a suon di soldi, ma dall’altro capo della cornetta si sente rispondere: “Grazie dottore, ma non posso. Sono Gianluca, il figlio di Giovanni Rana”.

Un episodio che la dice lunga sul fiuto e sulla determinazione di Caprotti. Voleva sempre avere il massimo, coinvolgere sempre i numeri uno.

Turiddo Campaini - Unicoop Firenze
Turiddo Campaini – Unicoop Firenze

CAPROTTI E CAMPAINI – La Coop e il Pci erano i nemici da sconfiggere, ma manteneva buone relazioni con Ivano Barberini, l’ex presidente di Coop Italia, e con Pier Luigi Bersani, allora ministro. Lui la competizione, la sfida l’ha sempre avuta con Turiddo Campaini, presidente di Unicoop Firenze. Una competizione giocata tutta in Toscana, ma che nel tempo si è poi estesa in Emilia e in Lombardia. Tanto che Caprotti era solito mandare un suo collaboratore a visitare alcune Coop a Firenze per rilevare i prezzi dei prodotti, anche due volte al giorno. La stessa cosa, però la faceva Campaini. Con il risultato che i prezzi di vendita venivano poi ribassati per risultare più competitivi verso i consumatori. Non ha mai saputo Caprotti, e nemmeno Campaini, che i due collaboratori, quello di Esselunga e quello di Coop, erano diventati amici e si erano messi d’accordo per telefonarsi ed evitare così di perdere tempo per recarsi nei supermercati. Se l’avesse scoperto Caprotti lo avrebbe licenziato in tronco, come aveva fatto con quel cassiere che si era tenuto alcuni ‘punti fragola’ lasciati da una cliente.

L’ARCHITETTO DELLA GDO – Anche alcuni dirigenti e il figlio Giuseppe sono stati allontanati dagli uffici e invitati a lasciare le chiavi delle auto aziendali. “Ci sono degli autisti che vi aspettano nel parcheggio per portarvi a casa.” La durezza nei comportamenti, negli ordini di servizio da lui firmati a penna è notoria. Come, per esempio, il divieto al personale di recarsi nelle toilette fuori dagli orari previsti. Lo stesso divieto era appeso davanti alla fabbrica Manifattura Tessile Caprotti nel lontano 1800. Una dinastia importante, quella dei Caprotti, di industriali e di commercianti. La vera passione di Bernardo è sempre stata quella di gestire ingegneri e architetti nei lavori di edilizia. Spesso lo si incontrava a Pioltello con grandi disegni in mano e lui che dava ordini ai tecnici. Anche per questo aveva ricevuto la laura honoris causa in architettura alla Sapienza di Roma. In economia però non era da meno.

QUANDO ANCHE PIETRO BARILLA E’ ANDATO “A CANOSSA” – Il rapporto con i fornitori è sempre stato all’insegna della massima correttezza. Pretendeva che entrambe le parti rispettassero alla lettera tutti gli accordi relativi a sconti, volumi e pagamenti. Se qualcuno, secondo lui, non li rispettava o non voleva accettare le sue direttive veniva allontanato. Lui decideva sempre tutto. Anche per questo sugli scaffali di Esselunga non si trovano i prodotti di alcuni leader di mercato. Perfino la Barilla era stata allontanata e solo dopo la visita di Pietro Barilla ‘a Canossa’ per chiedergli scusa, i prodotti erano ritornati sugli scaffali. Gli industriali lo apprezzavano per la serietà. Spesso era lui ad andare a scoprire i fornitori di olio e di vino premium in Toscana. A volte ascoltava il suo amico Silvio Berlusconi che gli segnalava abilmente nuovi prodotti da distribuire, dopo che lui aveva sottoscritto importanti contratti pubblicitari con gli industriali di quei prodotti.

caprotti-badge-datore-di-lavoroC’ERA UNA VOLTA: CAPROTTI NELLA STORIA DELLA DISTRIBUZIONE – Ma torniamo agli inizi nel lontano 1957 quando venne costituita la società insieme a Rockfeller, Marco Brunelli, l’amica Giulia Maria Crespi e i suoi due fratelli Guido e Claudio. Si racconta che appena firmate le carte, nei pressi di piazza Cavour, uscendo dall’hotel Manin lui si fermò ad osservare una macelleria molto ben avviata. Entrò e chiese al titolare se voleva andare a lavorare nel primo supermercato che avrebbe aperto a Milano. Il giovane, Luigi Guaitamacchi, accettò e per anni fu il suo capo storico degli acquisti delle carni e dei salumi, tanto che aveva ricevuto dal suo capo Caprotti la possibilità di firmare personalmente gli assegni staccati dal libretto che teneva in tasca. Questo è stato Bernardo Caprotti: uno che d’intuito aveva capito che bisognava puntare sui freschi, lasciando attoniti i soci che lo attendevano fuori dalla macelleria. Lo sanno in pochi, ma Bernardo Caprotti è stato socio dall’inizio, e la sua società lo è ancora oggi, di Pam e de Il Gigante. Brunelli mise in piedi Finiper e Unes dopo essere stato liquidato da lui. Anche dietro l’acquisizione della Standa da parte di Berlusconi c’è chi sospetta che sia stato Caprotti, in qualche modo, il regista. Una cosa è certa: quando si scriverà la storia della distribuzione italiana, Bernardo Caprotti avrà un posto da protagonista principale. Molti personaggi hanno imparato il mestiere da lui.  Tutti i sabato mattina, accompagnato da alcuni manager, si recava in incognito nei suoi punti vendita e in quelli della concorrenza per vedere, controllare, modificare qualcosa. Quando poi si inaugurava un nuovo punto vendita, lui presenziava sempre e girava salutando tutti. Aveva una piccola mania, tutti dovevano portare il badge con il nome e cognome e i dirigenti anche la funzione. Anche lui, durante le inaugurazioni, mostrava orgoglioso il suo badge, sul quale era scritto così: “Bernardo Caprotti. Il Datore di Lavoro.”  Confessa un’amica milanese: “un sabato sera con mio marito siamo stati invitati a cena dalla moglie Giuliana in un importante  ristorante di Milano, a due passi dalla Scala. I tavoli erano tutti pieni e le signore vestivano abiti lunghi. Bernardo è arrivato da solo, in ritardo, e con in mano un sacchetto pieno di cibi confezionati. Si è seduto e ha chiesto al cameriere di togliere i piatti e portarne altri, per disporre i prodotti che aveva portato con sé. ‘Dovete assaggiarli e dare dei giudizi, perché stiamo lanciandoli sul mercato come marca privata.”

LA SUCCESSIONE – Insomma Bernardo Caprotti era anche questo: un personaggio che è sempre andato avanti per la sua strada, mosso da un’incontenibile passione per i suoi negozi e i suoi prodotti. Aveva una cura maniacale per i dettagli. Tutto doveva andare come lui decideva. Rispediva al mittente i regali di fine anno con tanto di lettera scritta a penna e da lui firmata. Un genio un po’ eccentrico con il quale non era facile relazionarsi. Aveva rinunciato a proseguire la causa aperta nei confronti dei figli, anche se il Tribunale di Milano gli aveva dato ragione. Il figlio Giuseppe, che ha preso dal padre il carattere e la professionalità, sul suo sito racconta i segreti di famiglia. Fra poco sapremo dal testamento se dovrà rientrare a gestire la società di famiglia, oppure se verrà venduta a qualche multinazionale, se verrà creata una fondazione o si andrà verso la quotazione in Borsa. L’ultima parola, ancora una volta, è stata la sua.

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