Unilever mette in vendita il marchio Lipton

Il gruppo ha deciso di rivedere la sua divisione “Global tea” alla luce delle prospettive negative del consumo di tè nero nei paesi sviluppati

Unilever ha messo ufficialmente in vendita la sua divisione “Global tea”, che significa soprattutto Lipton, uno dei marchi più famosi della multinazionale anglo-olandese, acquisito nel 1971. La decisione è arrivata in coincidenza con il rilascio dei conti sull’andamento del quarto trimestre del 2019 e quindi sull’intero anno appena chiuso. Numeri che non hanno impressionato gli analisti e che, al contrario, hanno reso manifesta la difficoltà del gruppo a raggiungere i target prefissati o comunque a tenere un ritmo di crescita. Nel 2018, si ricorderà, la multinazionale era uscita dal settore delle margarine, sul quale per decenni si erano fondate le fortune del gruppo, vendendola al fondo di private equity americano Kkr per l’equivalente di 6,82 miliardi di euro. Se Unilever non dovesse trovare offerte vantaggiose, provvederà ad altri piani per cercare una soluzione a Lipton e gli altri marchi che sia comunque nel versante di un parziale disimpegno.

GLI AMANTI DELLA BUSTINA “INVECCHIANO”

Perchè Unilever si è decisa a uscire dal tè nero, dov’è leader mondiale con tre miliardi di euro di vendite? È stato lo stesso amministratore delegato del gruppo Alan Jope – manager scozzese arrivato al vertice del gruppo 12 mesi fa – a spiegarlo chiaramente: “I consumatori di tè nero (quello venduto soprattutto nelle tradizionali bustine, ndr) nei paesi sviluppati stanno invecchiando sempre più, ne consumano sempre meno e in futuro andrà peggio”, aggiungendo inoltre che i consumatori più giovani sono alla ricerca di altri tipi di prodotti, che abbiano anche qualità funzionali. Anche in Inghilterra, dove i brand Unilever sono stati superati da Twinings, i trend di consumo non sono più quelli di una volta, con il caffè che ha una maggiore vivacità sul mercato. Neanche gli sforzi per lanciare i brand premium del portafoglio tè del gruppo hanno sortito l’effetto desiderato.

L’ALIMENTARE DEL GRUPPO FATICA A CRESCERE

Situazione di Lipton a parte, il colosso del largo consumo ha presentato i conti per il 2019, che si sono chiusi con ricavi consolidati in crescita del 2% a 52 miliardi di euro circa, di cui il oltre il 60% arriva da Paesi in via di sviluppo con l’India come maggiore mercato. La crescita organica, quella calcolata al netto dell’effetto tassi e delle acquisizioni, è stata del 2,9%, inferiore al range 3-5% desiderato dalla società. I volumi di prodotti venduti sono saliti dell’1,2 per cento. La sola divisione “foods & refreshment”, ovvero quella alimentare, ha riportato un fatturato 2019 pari a 19,3 miliardi di euro, in crescita organica dell’1,5% e con volumi in calo dello 0,2 per cento. Tutte performance inferiori a quelle di gruppo. Nel solo quarto trimestre del 2019 i volumi sono scesi dello 0,5% su base annua. Il gruppo ha riportato un risultato operativo (ebit) pari a 8,7 miliardi di euro, ovvero il 16,8% dei ricavi (il 19,1% a livello organico). Nel 2018 l’ebit margin era del 24,8% (18,6% a livello organico), ma il calo è da attibuire anche alla variazione del perimetro aziendale.

SI PUNTA SUI PRODOTTI VEGANI

A livello di singole categorie food gli andamenti sono stati differenziati. Tè a parte, il comparto dei gelati (Algida, Magnum e Grom in Italia) è risultato in crescita nel 2019, anche se con un tasso più basso del 2018. La crescita è stata sostenuta dai prodotti a base vegetale, tipo Magnum Vegan. Salse e condimenti (Calvè in Italia) vedono una buona perfomance soprattutto della gamma premium Sir Kensington’s, che “dall’acquisizione ha raddoppiato la sua taglia dall’acquisizione” ha sottolineato la società, mentre continua l’ampliamento di presenza geografica della maionese vegana, venduta in 20 Paesi. Il marchio di sostitutivi della carne The Vegetarian Butcher, acquisito nel 2019, ha stretto un’alleanza con la catena Burger King valida in 25 Paesi. Da ricordare che la società in Italia ha acquisito negli ultimi anni il marchio Grom e quello di integratori Equilibra.

© Riproduzione riservata