Gli imprenditori italiani, un secolo fa

Ogni tanto fare un tuffo nel passato insegna molto. Ci ho provato chiedendomi quali fossero le imprese alimentari italiane attive cento anni fa. Condivido le risposte che ho trovato perché sono illuminanti. Come si rileva dall’elenco dei maggiori contribuenti privati, pubblicato dal Ministero delle Finanze nel lontano 1924, la trasformazione del pomodoro era l’attività imprenditoriale prevalente. La trasparenza allora era garantita dal Decreto Reale del 16 dicembre 1922, che disponeva la pubblicazione di un elenco dei contribuenti all’imposta di ricchezza mobile, per tutti i comuni del Regno. Si tratta in sostanza dei redditi cosiddetti incerti, derivanti dall’esercizio di industrie e attività commerciali private. Il ministro di allora, Alberto De’ Stefani, precisava che “la pubblicazione dei redditi, unita alla memoria statistica riassuntiva per tutto il Regno e per le singole circoscrizioni amministrative, sarebbe stata utile fonte di ricerche per gli studiosi. Ma anche, e soprattutto, un efficace mezzo di controllo perché gli organi delle amministrazioni governative abbiano gli elementi di apprezzamento e di giudizio ai fini della migliore distribuzione e accertamento degli oneri tributari”. Infatti nell’elenco pubblicato veniva evidenziato non solo il reddito netto definito, ma anche quello contestato dagli organi di controllo. La tassazione della ricchezza mobiliare era la più svariata nei diversi Stati. Nel Regno Lombardo-Veneto, per esempio, al contributo arti e mestieri si affiancò l’imposta sulla rendita, che colpiva il reddito netto prodotto dal contribuente. Nello Stato Pontificio, i comuni imponevano un’imposta personale di focatico, che non era regolata uniformemente. Nel Granducato di Toscana vigeva la tassa di famiglia, che colpiva qualunque reddito mobiliare o immobiliare. Nel Regno delle Due Sicilie fu stabilita una ritenuta del 10% sugli stipendi.

PARMA

Tanto per iniziare da Parma, la mia città, l’aliquota variava dal 12 al 18 per cento. Per meglio inquadrare e comprendere le cifre si precisa che all’epoca un prete dichiarava un reddito annuale variabile tra 150 e 300 lire, mentre la maggior parte degli artigiani, industriali e commercianti un reddito sotto le 2mila lire.

Molte di queste imprese oggi non esistono più, mentre altre sono cresciute e hanno conquistato i mercati mondiali diventando multinazionali, come per esempio Barilla, Mutti e Rizzoli. La storia insegna che anche le grandi imprese sono partite da piccoli laboratori artigianali e commerciali. Si segnala, a titolo di cronaca, che fra i primi contribuenti di Parma nel 1924 c’era Scipioni Fiorenzo, commerciante di auto con un reddito di 106mila lire. 

VENEZIA

Passando a Venezia, molte delle imprese indicate in elenco oggi non esistono più, mentre altre sono cresciute e hanno conquistato i mercati mondiali diventando multinazionali, come per esempio Colussi.

La storia insegna che anche le grandi imprese sono partite da piccoli laboratori artigianali e commerciali. Si segnala, a titolo di cronaca, che fra i primi contribuenti di Venezia cento anno fa figurano i titolari di quattro bar: il caffè Vedaldi Sage con 165mila lire, Angelina Pardelli 110mila lire e Aldo Jesurum con 100mila lire. Una curiosità: nell’elenco sono oltre 250 i contribuenti a Venezia, molti con redditi importanti, che vendevano biade cioè cibi per animali in particolare per cavalli.

PADOVA

Venendo a Padova, molte di queste imprese oggi non esistono più, mentre altre sono cresciute e hanno conquistato i mercati mondiali diventando multinazionali, come per esempio Eurovo della famiglia Lionello, Colussi e Agugiaro. La storia insegna che anche le grandi imprese sono partite da piccoli laboratori artigianali e commerciali.

Si segnala, a titolo di cronaca, che fra i primi contribuenti di Padova c’era nel 1924 Romeo Mion, esattore con un reddito molto importante per l’epoca di 1 milione di lire. Un lontano parente dei fratelli Mion che aprirono la catena a S.Zeno nel 1974? Altri grandi contribuenti di Padova erano Giovanni Fracacci con 250mila lire, Maria Francesco con 200mila lire e Franco Giovanni 120mila lire tutti e tre speculatori. Per queste tre persone era stata contestata la dichiarazione e la cifra netta era stata determinata direttamente dagli organi di controllo. Sono numerosi a Padova i casi di contestazione dei redditi dichiarati e quelli poi imposti dopo i controlli. La maggior parte dei contribuenti aveva dichiarato redditi provenienti da attività di locazione.

NAPOLI

Molte imprese sono cresciute e hanno conquistato i mercati mondiali diventando multinazionali, come per esempio i pastifici Amato, oggi di proprietà di Giuseppe Di Martino, e Voiello, passato sotto il controllo di Barilla. La storia insegna che anche le grandi imprese sono partite da piccoli laboratori artigianali e commerciali. Si segnala che fra i primi contribuenti di Napoli c’erano con redditi ciascuno di 500.000 lire gli albergatori Alfredo Campione, Fiorentino Onorato e Attilio Gambuli mentre i ristoratori denunciavano rispettivamente Vincenzo Caso 100.000 lire, Antonio De Nozza 90.000 lire, Vincenzo Bergantino 50.000 lire e Carlo Albarella 40.000 mentre la pizzeria di Francesco Ambrosio 25.000 lire.