Vital Farms, la gallina dalle “uova d’oro” fa boom in Borsa

L'azienda texana, una B Corporation con un approccio etico al business, è stata protagonista di un esordio col botto. Tra i finanziatori anche una società del gruppo Whole Foods-Amazon
Vital Farms, la gallina dalle “uova d’oro” fa boom in Borsa

Centoquaranta milioni di dollari di fatturato nel 2019, un risultato operativo (ebit) di 3,3 milioni e un utile netto pressochè identico. Credenziali da piccola azienda per le statistiche degli Stati Uniti, ma non per gli investitori finanziari che hanno letteralmente premiato Vital Farms durante il suo esordio in borsa sul listino del Nasdaq.

Le azioni hanno chiuso, infatti, con un rialzo del 59% nella prima seduta di contrattazioni. Nei giorni seguenti hanno continuato a guadagnare terreno fin quasi a doppiare i 22 dollari cui sono stati venduti gli oltre 9 milioni di titoli offerte agli investitori nella fase di Ipo, ovvero l’offerta pubblica che precede lo sbarco in Borsa e che ha raccolto un centinaio di milioni di dollari. Niente male per un’azienda che vende uova e burro e che ha avuto il coraggio di quotarsi proprio nel bel mezzo della pandemia.

Vital Farms, grazie a questo esordio – uno dei più brillanti sul Nasdaq del 2020 – è arrivata a valere anche 1,7 miliardi di euro in borsa, ovvero 1,4 miliardi di euro ai cambi correnti. Per fare un raffronto, la Cal-Maine di Jackson (Mississippi), che è il maggior produttore americano di uova con 1,36 miliardi di dollari di ricavi nel 2019 (10 volte Vital Farms), è valutata circa 2,1 miliardi di dollari a Wall Street.

VITAL FARMS: TRA CIBO ETICO E GALLINE CHE RAZZOLANO

Cosa rende Vital Farms una vera e propria gallina dalle uova d’oro agli occhi del mercato finanziario? La società di Austin, Texas, ha saputo cogliere e capitalizzare egregiamente la domanda di una parte dei consumatori a cui gli investitori americani guardano con molto interesse. Sono coloro che, pur non volendo rinunciare alle proteine di origine animale, scelgono di consumare ciò che è frutto di metodi “etici” di allevamento. Nel caso concreto questo significa uova deposte da galline “pasture-raised”, come vengono chiamate in inglese. Concetto che, tradotto, significa libere di razzolare all’aperto in spazi ampi e aperti e nutrirsi con ciò che offre la terra, senza gabbie e affollamento da batteria. Il tutto per periodi piuttosto lunghi dell’anno, variabili in base al tempo meteorologico.

Questo vale anche per le mucche che producono il latte per il burro che la società texana vende oltre alle uova. Per inciso, il focus non è sul biologico, che rappresenta solo una parte dell’offerta di Vital Farms, ma sul benessere animale. Concetto più ampio e caratterizzante.

Vital Farms
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La nostra missione – scrive Vital Farms nel prospetto di quotazione depositato alla Sec – è portare sulle tavole cibo prodotto eticamente. Lo facciamo grazie ad accordi con aziende agricole familiari che operano secondo le nostre rigide regole di produzione. Siamo guidati da principi di produzione sostenibile che sono stati, invece, abbandonati dai produttori ‘di massa’, che si sono focalizzati sulla riduzione dei costi invece che sui benefici, per tutti gli stakeholders, di buone regole di produzione”.

Questo manifesto è quello che ha aggregato, negli anni, 200 piccoli produttori di uova e latte che hanno colto le opportunità economiche offerte da questa società nata nel Texas dall’idea di Matt O’Hayer e di sua moglie Catherine. Vital Farms, leader incontrastata nella vendita di uova pasture-raised col 76% del mercato, ha ottenuto la certificazione di Humane Farm Animal Care, l’ente no profit nato in Virginia che si occupa di benessere animale, ed è e diventata una “Benefit Corporation”. Le B Corp sono aziende che decidono di perseguire e un interesse generale oltre che personale e lo fanno in modo trasparente e controllabile, inserendo le loro finalità anche nello statuto. Lo status di B Corp nel caso di Vital Farms rende anche più difficile un’eventuale scalata in Borsa, ma questo non ha frenato gli investitori da rastrellare le azioni con una certa foga.

I RICAVI CORRONO VELOCI

La risposta dei consumatori a questa mission non si è fatta attendere: nel 2017 la società ha fatturato 74 milioni di dollari, diventati 106 milioni nel 2018 e 140 milioni nel 2019. In tre anni quasi il raddoppio dei ricavi in un comparto – quello delle uova – decisamente maturo e dove si stanno affacciando anche le alternative vegetali gradite al mondo vegan e flexitarian tipo Just, ad esempio, che entra nel grande filone delle proteine alternative di nuova generazione, spesso concepite in laboratori tecnologici californiani.

Secondo la società di analisi Spins, il mercato retail delle uova in guscio valeva 5,4 miliardi di dollari nel 2019, con un tasso di crescita medio annuo composto (cagr) del 3,4% tra il 2017 e il 19. La nostra penetrazione nelle famiglie è del 2%, pari a 2,5 milioni del totale, e questa bassa incidenza ci fornisce opportunità di crescita di lungo periodo dato che, in questo mercato, il segmento delle uova ‘pasture-raised’ è salito a un cagr del 31,7% nell’ultimo triennio” ha sottolineato Vital Farms, che ha aspettative positive anche per il burro, che vale 2,7 miliardi di dollari nel solo canale retail.

WHOLE FOODS TRA I FINAZIATORI, IL CEO E’ UN EX CIA

Interessanti anche i partner finanziari che hanno supportato lo sviluppo della società negli ultimi anni. Tra queste spicca Bowie Strategic Investments, una società del gruppo Whole Foods Market, confluita poi in Amazon, che figura ancora tra gli investitori post Ipo con una quota circa del 7 per cento. C’è poi anche il fondo di investimento Manna Tree, co-fondato dalla figlia di David Rubenstein Gabrielle. Il padre è stato uno dei tre ideatori del maxi fondo di private equity Carlyle Group, che ha tra i suoi dirigenti europei anche Marco De Benedetti.

Il maggior azionista post Ipo resta il fondatore O’Hayer col 27% delle azioni, che ha il ruolo di executive chairman. L’amministratore delegato è Russell Diez-Canseco, in carica dal 2019 e con un curriculum eterogeneo: è passato, infatti, per la società di consulenza Mckinsey, una catena di supermercati e la CIA – la Central Intelligenge Agency.

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