Birra, nel 2023 crollano vendite ed export

Per AssoBirra “Va scongiurato l’aumento delle accise dal 2024, con un intervento strutturale per il prossimo triennio”
Birra, nel 2023 crollano vendite ed export

Soffre la birra in Italia, con vendite che nei primi otto mesi del 2023 calano del -6,6% rispetto allo stesso periodo del 2022 (da 11.478.966 hl a 10.728.522 hl), di pari passo con una decrescita pari al -7,4% dell’export nel primo semestre 2023 in confronto con i primi sei mesi del 2022 (da 1.865.640 hl a 1.727.522 hl), come certifica AssoBirra.

Secondo l’associazione dei produttori a frenare l’andamento della birra in Italia, compromettendo lo stato di salute di una filiera che occupa oltre 118.000 operatori, è in primo luogo la congiuntura sfavorevole di mercato. Essa è caratterizzata da un aumento generalizzato dei prezzi, che riducono il potere di acquisto e quindi i volumi di vendita, a cui si sommano le difficoltà dei produttori a causa del consolidamento degli aumenti dei costi di produzione ormai strutturali rispetto al passato. Il vetro, tra le materie prime più utilizzate nel settore, ha visto aumentare il costo di approvvigionamento più volte nel 2022 (circa +40%), e nuovamente a inizio 2023 (circa +20%) a causa dell’impennata dei prezzi dell’energia e del costo triplicato del rottame di vetro necessario per la produzione delle bottiglie.

Non sono da meno i rincari del malto d’orzo (+44%), del mais (+39%) e dell’alluminio (+20%). Ad essi si aggiunge il cambiamento climatico che impatta la filiera brassicola, con temperature in aumento che compromettono qualità e disponibilità delle forniture di malto d’orzo e luppolo.

PROSPETTIVE E RICHIESTE AL GOVERNO

Per AssoBirra, in Italia si prospetta quindi un 2023 con il segno meno, che peserà sulle tasche di tutti gli attori del comparto interrompendo bruscamente la ripresa post-pandemica del 2022. Uno stop alla ripresa che “rende oggi più che mai imprescindibile un intervento da parte di governo e parlamento nei confronti del comparto brassicolo”. Per questo, AssoBirra “chiede da tempo una riduzione limitata ma strutturale delle accise che ingiustamente gravano sulla birra, l’unica bevanda da pasto che in Italia ne è soggetta. Soprattutto perché sul comparto pende una spada di Damocle: l’aumento delle accise a partire dal 1° gennaio 2024”.

A inizio 2023, con il decreto milleproroghe è stato approvato un emendamento fortemente voluto dalle forze di maggioranza e dal Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, che ha portato le accise sulla birra, solo per l’anno in corso, a 2,97 euro per ettolitro e per grado-Plato, evitando un gravoso aumento a 2,99 euro.

Con un mercato birrario italiano già in forte contrazione, tornare ad aumentare le tasse sarebbe incoerente e controproducente per tutta la filiera brassicola. È quindi importante che il governo prosegua nel cammino intrapreso, fermando gli aumenti previsti e proseguendo il percorso di riduzione; limitando così anche ripercussioni sui costi e prezzi nella filiera che porterebbero ulteriori riduzioni di volumi –afferma Alfredo Pratolongo, Presidente AssoBirra –. II settore birrario, che ha investito in innovazione oltre 250 milioni negli ultimi quattro anni, sta inoltre perdendo la propria competitività rispetto all’estero, dove diversi paesi pagano accise anche quattro volte inferiori alle nostre, come nel caso della Germania. Uno stimolo fiscale avrebbe il merito di rendere più competitivi gli operatori italiani sui mercati internazionali, dove la birra si sta affermando come un altro pregiato prodotto del made in Italy. Per garantire competitività e occupazione chiediamo al governo di utilizzare la leva fiscale inserendo nella prossima legge di bilancio un calendario di riduzioni delle accise per il prossimo triennio, per ridare slancio a un comparto fiore all’occhiello dell’economia italiana”, conclude Pratolongo.

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