Sostenibilità, i gap da colmare per il retail italiano

Bain & Company ha pubblicato il suo primo Retail Esg Pulse-check in Italia, con l’obiettivo di diventare il termometro della maturità Esg del settore
Sostenibilità, i gap da colmare per il retail italiano

Il retail italiano è un settore ancora poco maturo sul fronte delle tematiche Esg; con molti elementi ancora non adeguatamente monitorati e, soprattutto, mancanza di obiettivi a medio-lungo termine, tra cui quelli science based di decarbonizzazione. Emerge chiaramente anche il distacco rispetto ai player dell’industria di marca, alle best practice retail internazionali e alla normativa europea in arrivo l’anno prossimo. Sono queste le principali evidenze che emergono dalla prima edizione del Retail Esg Pulse Check di Bain & Company Italia, che analizza il livello di maturità Esg del retail in Italia attraverso l’approfondimento di tutti i report di sostenibilità dei principali operatori del settore.

Dalla mappatura emerge che parecchi operatori in più settori non hanno ancora pubblicato un primo bilancio di sostenibilità, anche in comparti di dimensione rilevante, come l’elettronica, l’arredo, fino a settori dove registriamo l’assenza totale, come i drugstore e il pet food. In questa prima edizione ci siamo quindi soffermati nel dettaglio su tre settori: Gd alimentare, abbigliamento e ristorazione, dove almeno il 75% delle aziende in analisi pubblica il bilancio – spiega Andrea Petronio, Senior partner e Responsabile della pratice retail Bain & Company in Italia –. I player analizzati si possono considerare ad uno stadio di avvio rispetto alle aree tematiche Esg più rilevanti: con la grande distribuzione alimentare in media più indietro, a causa di evidenti lacune soprattutto in termini di obiettivi di medio-lungo termine. Rimane dunque necessario un deciso cambio di passo a livello di sistema sul percorso di transizione Esg nel nostro Paese”.

ESG, LA GDO FATICA SU OBIETTIVI DI LUNGO TERMINE

Secondo il report la Gdo sta comunque intervenendo bene su alcuni aspetti ambientali (energia rinnovabile ed emissioni scope 1 e 2), mentre risulta ancora carente sulla pianificazione a lungo termine delle vere sfide ambientali (principalmente su emissioni scope 3, dove solo un player su quattro ha obiettivi di riduzione). L’uguaglianza di genere rimane un tema caldo per il settore: se il 57% dell’organico è composto da donne, solo il 23% è dirigente e il 4% fa parte di un Cda, con un divario retributivo medio del 30 per cento.

La grande distribuzione alimentare italiana – spiega Matteo Capellini, Expert associate partner Bain & Companyè ancora in fase embrionale sui temi della sostenibilità, soprattutto se confrontata con le best practice internazionali e le aziende di beni di largo consumo. Esiste ancora una concezione di sostenibilità molto legata alla responsabilità sociale e alla filantropia, mentre il vero tema da affrontare è la trasformazione dei modelli di business per ridurre le esternalità negative dirette e indirette. Non abbiamo dubbi che nei prossimi anni vedremo una fortissima accelerazione, anche grazie alla spinta dalla Csrd, che contribuirà a definire i market leader di domani e sarà focalizzata soprattutto sul tema decarbonizzazione”.

RISTORAZIONE IN POLE POSITION

Il settore della ristorazione in Italia ha un giro d’affari di 75 miliardi di euro ed è estremamente frammentato. Le catene organizzate, infatti, pesano solo per il 5% del valore totale di mercato: ma sono tra i player più avanzati nella scala di maturità Esg.

Tuttavia, prosegue Capellini, “anche se il numero di iniziative in essere e l’ampiezza dei temi toccati è maggiore, rimane comunque un grande gap in termini di misurazione di impatto complessivo. Se poi guardiamo al confronto con i player internazionali, la ristorazione fatica su due temi: biodiversità e iniziative volte a eliminare il divario retributivo tra uomini e donne”.

© Riproduzione riservata