Conserve, le tensioni nel Canale di Suez preoccupano l’industria

Anicav: “Asia e Oceania sono mercati fondamentali. A rischio 380 milioni di esportazioni per l’aumento del costo dei noli”
Conserve, le tensioni nel Canale di Suez preoccupano l’industria

L’allarme per la crisi geopolitica nel Mar Rosso sta agitando diversi mercati, tra cui quello alimentare. Non fa eccezione il comparto delle conserve di pomodoro, da sempre fortemente export oriented con circa il 60% delle produzioni destinato a oltrepassare i confini nazionali. Molti dei principali mercati di riferimento sono proprio in Asia e in Oceania, per un valore di circa 380 milioni di euro (il 13,5% del totale dell’export). Per questo le tensioni nel canale di Suez rischiano di incidere seriamente sui flussi commerciali; soprattutto a causa dell’aumento del costo dei noli.

La forte incertezza che segna lo scenario geopolitico globale ci preoccupa – dichiara Giovanni de Angelis, Dg Anicav –. Quanto sta accadendo nel canale di Suez rischia di avere un forte impatto sull’export dei nostri prodotti. I mercati di Asia e Oceania, penso in particolare a Giappone e Australia ma anche a molti altri paesi, rappresentano uno sbocco commerciale fondamentale. L’aumento del costo dei noli va monitorato con grande attenzione, perché potrebbe incidere sulla competitività delle nostre aziende all’estero. Tra l’altro, a causa di questa situazione e della ridotta disponibilità di navi e container stiamo subendo disagi anche su altre rotte con un conseguente aumento dei costi dei noli. A questo si aggiunge l’impatto su approvvigionamenti di materia prima e semilavorati – principalmente packaging metallico – che arrivano dal Far East”.

CONSERVE DI POMODORO: I NUMERI DEL COMPARTO

Quella del pomodoro da industria è la filiera italiana dell’ortofrutta trasformata più importante e, con un fatturato complessivo (2023) di cinque miliardi di euro (3,5 miliardi generati dalle aziende associate ad Anicav), riveste un ruolo strategico e di traino dell’economia nazionale impiegando circa 10.000 lavoratori fissi e oltre 25.000 stagionali, oltre alla manodopera impegnata nell’indotto.

L’Italia, terzo trasformatore mondiale di pomodoro dopo gli Stati Uniti e la Cina, è tuttora il primo trasformatore di derivati destinati direttamente al consumo finale, e rappresenta il 12,2% della produzione mondiale (pari a 44,2 milioni di tonnellate) e il 52% del trasformato europeo.

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