Giorgio e Mauro Regnoli, futuro di Medusa. Imprenditori italiani sorridenti, tradizione familiare.

Nuova luce nel futuro di Medusa

Dopo l'incendio dello scorso gennaio, la Cesare Regnoli & Figlio è tornata a produrre a pieno ritmo. Ora la priorità è avviare la ricostruzione di uno stabilimento moderno e innovativo
Giorgio e Mauro Regnoli, futuro di Medusa. Imprenditori italiani sorridenti, tradizione familiare.

Il lieto fine non era affatto scontato dopo l’incendio del 24 gennaio scorso, che in poche ore ha devastato lo stabilimento produttivo. Il bilancio è stato pesantissimo: 12.000 metri quadrati di linee di lavorazione, stoccaggio e confezionamento completamente distrutti e 350 tonnellate di pesce ridotto in cenere. A salvarsi, però, sono stati i dipendenti, senza alcuna perdita umana, insieme agli uffici amministrativi e a un’area di circa 2.000 mq. Oggi, a distanza di mesi, si può finalmente dire che il peggio è alle spalle. La Cesare Regnoli & Figlio di Ariano nel Polesine (Ro) – specializzata nella produzione ittica con il marchio Medusa e per conto terzi – ha già recuperato circa il 95% dei volumi, reintegrato l’intero organico e si prepara ora a una nuova fase di ricostruzione. A raccontare questa storia di rinascita, resilienza imprenditoriale e solidarietà è Giorgio Regnoli, che guida l’azienda insieme al padre Mauro.

Come avete gestito l’emergenza?

Dopo l’incendio, la priorità dell’azienda è stata quella di ripartire senza perdere tempo, con l’obiettivo di non interrompere la produzione neanche per una settimana. Sin dall’inizio lo spirito è stato positivo e propositivo, ma ben presto è emersa la consapevolezza che la sfida principale consisteva nel trovare una soluzione concreta per una ripartenza rapida. La nostra lavorazione, infatti, è estremamente complessa: richiede un processo completo e pesante di trasformazione della materia ittica, in cui è fondamentale preservarne freschezza e qualità, combinare ingredienti secondo ricettazioni specifiche e rispettare standard rigorosi. Per farlo servono strutture dotate di caratteristiche particolari: grande disponibilità di energia elettrica, impianti di produzione di vapore con caldaie rilevanti, un forte approvvigionamento idrico, sistemi di scarico e depurazione adeguati.

Non si tratta quindi di impianti che si trovano “chiavi in mano” sul territorio, soprattutto in un’area come il Polesine, povera di soluzioni industriali di questo tipo. Abbiamo preso in considerazione anche l’ipotesi di farci supportare da alcuni competitor, che hanno dimostrato grande solidarietà mettendosi a disposizione come copacker. Tuttavia, la capacità produttiva complessiva del settore non era sufficiente a compensare i nostri volumi, pari a circa 5.000 tonnellate annue. Inoltre, una parte molto significativa della nostra produzione – circa l’80% – è destinata alla Mdd. Ciò implica il rispetto di protocolli rigorosi, standard qualitativi e organolettici che non avremmo potuto garantire con una soluzione di emergenza senza rischiare di compromettere la fiducia dei clienti.

Per questi motivi, la scelta più solida e responsabile è stata quella di ripartire proprio dai due stabili rimasti vuoti ma intatti. Con il vantaggio, però, che all’esterno erano stati preservati impianti e utilities fondamentali – la cabina elettrica, la caldaia, i compressori d’aria, il sistema di depurazione delle acque – che rappresentano la base indispensabile per le nostre lavorazioni. Ripartire da lì ha significato rimboccarsi le maniche e costruire nuovamente passo dopo passo, ma era l’unica strada che ci consentiva di garantire al tempo stesso continuità, qualità e rispetto degli impegni presi con i nostri clienti.

Quanto tempo è servito per riavviare “i motori”?

Nel giro di due settimane abbiamo disegnato un layout produttivo nei 2.000 mq disponibili, riuscendo a ripristinare tutta la parte fino alla preparazione del semilavorato. Mancavano però confezionamento e stoccaggio: per questo abbiamo affittato spazi esterni, più semplici da adeguare, così da separare le fasi produttive. A due mesi dal fatto eravamo in grado di assicurare i volumi.

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