Donna al supermercato con prodotti alimentari. Webinar FSSC 24000 per responsabilità etico-sociale.

L’Algoritmo: Supermercato sociale

Lo store evolve in luogo sociale e formativo: non solo acquisto, ma relazioni, conoscenza e comunità, diventando così un vero point of meeting (Pom)
Donna al supermercato con prodotti alimentari. Webinar FSSC 24000 per responsabilità etico-sociale.

Il supermercato sta attraversando una metamorfosi silenziosa, ma profonda. Da semplice luogo dell’acquisto diventa una soglia, un crocevia: un point of meeting (Pom), dove le persone non vanno soltanto per riempire un carrello, ma per ritrovarsi, riconoscersi, respirare un frammento di comunità. Una trasformazione che nasce da bisogni nuovi (prossimità, fiducia, identità) e che ridisegna non solo il layout degli spazi, ma il modo stesso in cui la distribuzione moderna immagina se stessa. In questo scenario, che nuovo non è (lo dico da quindici anni, solo che probabilmente oggi il Covid ha tolto il velo), il supermercato torna a essere un luogo abitato.

I clienti non sono più flussi indistinti, ma ritornano a essere volti, storie, nomi. La conversazione con la cassiera, il consiglio del gastronomo, l’occhiata complice del macellaio, due parole con chi cura il reparto ortofrutta: piccole soglie di umanità che diventano valore. Relazioni brevi, a volte impercettibili, che però tengono insieme la fiducia. È qui che il personale smette di essere “servizio”, ma stupendamente diviene presidio umano, un punto di appoggio, un pezzo di competenza che accoglie e orienta.

IL NEGOZIO COME HUB DI RELAZIONI

Come ha ricordato poche settimane fa Giorgio De Rita del Censis al Forum della distribuzione moderna, in un’Italia che invecchia abbiamo bisogno di tornare a parlarci, a guardarci negli occhi, a condividere luoghi reali. Il negozio torna così a essere un hub di relazioni. E i dati Censis confermano questa intuizione: per il 69,3% degli italiani il punto vendita è un’occasione per uscire e distrarsi; il 62,7% apprezza la presenza del personale con cui confrontarsi; e più della metà (precisamente il 51,8%) vorrebbe godersi il tempo trascorso tra gli scaffali, immergersi nell’atmosfera, trovare spazi dedicati al relax, alla socialità, allo stare.

IL PUNTO VENDITA DIVENTA UNO SPAZIO EDUCATIVO

Parallelamente, il punto vendita assume anche una funzione educativa. In un mondo in cui le persone chiedono trasparenza, chiarezza, storie vere su ciò che mettono nel piatto, il supermercato può diventare una piccola scuola diffusa. Corner tematici, Qr-code, degustazioni, materiale espositivo, dialogo diretto con chi lavora tra i reparti: ogni gesto diventa un’occasione di apprendimento. Il cliente scopre come nasce un prodotto, come si coltiva, come si alleva, quali valori reggono una filiera. È una nuova forma di alfabetizzazione alimentare, che nasce dal basso e che, se coltivata, rende le persone più consapevoli, meno passive, più partecipi.

Così il supermercato non è più solo un’infrastruttura commerciale: è un presidio culturale della comunità. È il luogo in cui si impara la stagionalità, in cui si riconoscono le differenze tra un prodotto industriale e uno artigianale, in cui ciò che è astratto (la filiera, la qualità, l’origine) diventa racconto. E questo racconto passa prima di tutto dalle relazioni, non dalla tecnologia.

UN ECOSISTEMA DI VALORI E STORIE

Il punto vendita diventa un posto in cui si può stare, non solo passare. E questo comporta visione, investimento, cura: formare il personale, disegnare spazi che favoriscano l’incontro, ascoltare la comunità, intrecciare servizio e cultura del prodotto. Significa cambiare prospettiva: vedere il supermercato come un organismo vivente, un ecosistema di valori e di storie, un luogo in cui il vero patrimonio non sono solo gli scaffali, ma le relazioni che li abitano. Oggi il punto vendita è davvero un point of meeting: un luogo in cui comprare, conoscere, incontrarsi e, in un certo senso, vivere.

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