Gestione crisi settore food: uomo con tablet, icone digitali (carrello, negozio).

L’Algoritmo: Algo-speranze

Nel retail alimentare l'algocrazia promette efficienza ma può generare diseguaglianze. Serve un approccio "algoretico", che unisca etica e tecnologia, per garantire trasparenza, equità e fiducia in un sistema di AI davvero sostenibile e responsabile
Gestione crisi settore food: uomo con tablet, icone digitali (carrello, negozio).

Ho letto con particolare fervore il suo libro “Oracoli. Tra algoretica e algocrazia” e mi piacerebbe condividere la contestualizzazione nel nostro settore. Nel contesto del retail alimentare contemporaneo, la trasformazione digitale ha infatti introdotto un nuovo paradigma di potere decisionale: l’algocrazia, ovvero il governo dei processi mediato dagli algoritmi. Le scelte di assortimento, i prezzi dinamici, la gestione della supply chain, la logistica predittiva e le strategie di fidelizzazione sono (in Italia, in realtà, sarebbe meglio dire saranno) sempre più affidate a sistemi di intelligenza artificiale capaci di apprendere da flussi continui di dati.

In questa cornice, la razionalità economica (e direi anche umana) verrà progressivamente sostituita da una razionalità algoritmica, che opera su scala, velocità e complessità inedite. Ad esempio, l’algocrazia promette efficienza: riduzione degli sprechi alimentari attraverso previsioni di domanda più accurate, ottimizzazione e dei flussi logistici industria (Ce. Di.)-punti di vendita, maggiore coerenza tra offerta e preferenze individuali. Tuttavia, se esasperata, la sua adozione comporta rischi strutturali.

L’opacità dei modelli predittivi, la dipendenza da datalake incompleti e la mancanza di accountability possono generare effetti collaterali gravi come potenziali indirette discriminazioni di prezzo, possibili marginalizzazioni di produttori locali o finanche strategie di consumo non sostenibili. In sostanza, l’algoritmo, da strumento di supporto decisionale, può diventare così un attore normativo che impone comportamenti collettivi senza un esplicito mandato democratico.

ALGORETICA: L’ETICA DEGLI ALGORITMI

Per questo, Padre Benanti propone con enfasi l’esigenza di un nuovo quadro teorico e operativo: l’algoretica, ovvero l’etica degli algoritmi. Al di là della garanzia che i sistemi automatizzati siano trasparenti, spiegabili e ‘auditabili’, è importante che gli algoritmi siano coerenti con molti valori che il retail italiano (e direi l’intera business community) sta tenendo alti: sicurezza, sostenibilità, equità, fiducia.

Ben venga quindi questo auspicabile armonico mix: applicare un approccio algoretico significa introdurre criteri di giustizia algoritmica nelle fasi di progettazione e governance dei sistemi, assicurando che le decisioni automatizzate rispettino in primis i principi ESG (Environmental, Social, Governance), ma soprattutto siano coerenti con la missione sociale di ciascuna insegna/brand.

In termini concreti, un ecosistema retail guidato da logiche algoretiche si fonda su alcuni pilastri: trasparenza (esplicitare logiche e parametri di decisione), responsabilità (identificare chiaramente i soggetti responsabili delle scelte algoritmiche), non discriminazione (prevenire bias di prezzo o accesso), tracciabilità (garantire audit dei processi decisionali) e sostenibilità dei dati (limitare l’impatto ambientale e sociale delle architetture di calcolo).

ALGOCRAZIA E FUTURO DEL RETAIL

Ciò che sarebbe decisamente da augurarci è che, nella competizione tra le insegne, l’algoretica non rappresenti un vincolo ma un vantaggio competitivo. Gli algoritmi possono essere progettati, come già detto, per ridurre le eccedenze (la lotta allo spreco ne risulterebbe avvantaggiata), ottimizzare la filiera, predire consumi, ma anche valorizzare produttori e prodotti più sostenibili e orientare, asetticamente, i consumatori verso scelte consapevoli.

L’etica, in questo senso, diventa parte integrante della progettazione tecnologica. Il futuro del retail dipenderà dalla capacità delle imprese di integrare la potenza dell’algocrazia con la lungimiranza dell’algoretica: un equilibrio tra automazione e responsabilità, tra efficienza predittiva e giustizia distributiva. Solo così il potere degli algoritmi potrà trasformarsi da minaccia opaca a infrastruttura di fiducia, capace di sostenere un modello alimentare realmente equo, trasparente, sostenibile e, perché no, nobile.

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