Prugne della California in una ciotola. Frutta secca di qualità e sostenibile.

California Prune Board: qualità, sostenibilità e legame con l’Italia

Qualità, sostenibilità, relazioni e visione globale. È questa la ricetta con cui il California Prune Board continua a coltivare il suo successo, con l’Italia tra i mercati più strategici e affezionati
Prugne della California in una ciotola. Frutta secca di qualità e sostenibile.

Una filiera d’eccellenza, radicata in oltre un secolo di storia e capace di coniugare tradizione agricola, tecnologia e visione internazionale. È così che la California ha costruito la reputazione globale delle sue prugne secche, simbolo di qualità e affidabilità nel mondo. Ne parliamo con Donn Zea, Executive Director del California Prune Board, e con Esther Ritson-Elliott, Director of International Marketing & Communications.

“COLTIVIAMO IN UNO DEI LUOGHI MIGLIORI AL MONDO”

“La prugna è un prodotto complesso da coltivare – spiega Donn Zea – ma in California trova le condizioni ideali: un clima mediterraneo con giornate calde e notti fresche, suoli fertili e un’eccellente disponibilità idrica, concentrata soprattutto nel nord dello Stato. È una combinazione che consente di ottenere frutti di qualità costante e dal profilo sensoriale unico”.

Un ruolo cruciale è giocato anche dall’innovazione: “Siamo nati nella Silicon Valley, dove un tempo si coltivavano proprio prugne. Oggi utilizziamo la stessa mentalità innovativa e tecnologica per migliorare ogni fase della produzione: dall’irrigazione di precisione ai sistemi di monitoraggio satellitare, fino ai modelli 3D per analizzare lo stato degli impianti. L’obiettivo è produrre in modo sempre più efficiente e sostenibile, riducendo input chimici e consumo d’acqua”. Altro elemento distintivo è il sistema organizzativo. “La nostra filiera – aggiunge Zea – è l’unica al mondo ad avere un Marketing and Research Board obbligatorio: produttori e trasformatori investono insieme in promozione, ricerca nutrizionale e agronomica, sostenibilità e politiche commerciali. È un impegno collettivo che da decenni garantisce coerenza e continuità all’intero settore”.

SOSTENIBILITÀ A 360 GRADI

“In California – sottolinea Zea – la sostenibilità non è un’opzione ma una condizione normativa. Il nostro sistema regolatorio impone standard molto stringenti, ma questo ci ha spinto a innovare: oggi utilizziamo energie rinnovabili, impianti fotovoltaici e sistemi di essiccazione a tunnel più efficienti, studiati con l’Università della California Davis per ridurre l’uso di gas naturale”. Accanto alla dimensione ambientale, il California Prune Board investe anche su quella sociale. “I nostri lavoratori – aggiunge Zea – percepiscono salari superiori al minimo statale e hanno accesso all’assicurazione sanitaria. Molti di loro, spesso originari del Messico, sono oggi parte stabile delle nostre comunità agricole e ricoprono ruoli di responsabilità. È una filiera che cresce insieme alle persone”.

UN LEGAME FORTE CON L’ITALIA

L’Italia è storicamente uno dei mercati più importanti per le prugne secche californiane. “Collaboriamo con la distribuzione italiana da oltre trent’anni – racconta Esther Ritson-Elliott. Abbiamo costruito rapporti solidi con il trade e con i consumatori, che riconoscono il valore della nostra origine. In Italia il pubblico cerca prodotti di qualità, costanti nel gusto e nella dimensione, e la prugna secca californiana rappresenta proprio questo standard”.

Il mercato resta premium e competitivo, ma anche ricco di opportunità: “L’attenzione crescente verso la salute e l’alimentazione funzionale – prosegue Ritson-Elliott – ci favorisce. Ci definiamo una healthy indulgence: un piacere salutare, fonte naturale di fibre e nutrienti, perfettamente in linea con i trend di consumo. Collaboriamo con chef, influencer del benessere e atleti olimpici per comunicare le proprietà e la versatilità del prodotto, attraverso un racconto che unisce origine, gusto e stile di vita sano”.

DAZI, CONCORRENZA E PROSPETTIVE

Il tema tariffario resta centrale: “Per anni – ricorda Ritson-Elliott – abbiamo pagato un dazio del 9,6% per esportare in Europa, mentre altri Paesi entravano a tariffa zero. Sembra poco, ma in un mercato globale così competitivo può fare la differenza. Oggi siamo fiduciosi che il nuovo accordo tra Stati Uniti e Unione Europea possa finalmente riequilibrare le condizioni di accesso e ridare ossigeno ai nostri esportatori”.

Sul fronte competitivo, Ritson-Elliott riconosce il valore dei produttori europei:Abbiamo grande rispetto per le filiere italiane e francesi, che condividono con noi la stessa attenzione alla qualità. Diverso il discorso per alcuni competitor sudamericani, che adottano modelli produttivi meno strutturati. La sfida, per noi, è continuare a distinguerci con ricerca, standard elevati e un approccio etico alla produzione”.

GUARDANDO AL FUTURO

Il tema tariffario resta centrale: “Per anni – ricorda Ritson-Elliott – abbiamo pagato un dazio del 9,6% per esportare in Europa, mentre altri Paesi entravano a tariffa zero. Sembra poco, ma in un mercato globale così competitivo può fare la differenza. Oggi siamo fiduciosi che il nuovo accordo tra Stati Uniti e Unione Europea possa finalmente riequilibrare le condizioni di accesso e ridare ossigeno ai nostri esportatori. Sul fronte competitivo, Ritson-Elliott riconosce il valore dei produttori europei: “Abbiamo grande rispetto per le filiere italiane e francesi, che condividono con noi la stessa attenzione alla qualità. Diverso il discorso per alcuni competitor sudamericani, che adottano modelli produttivi meno strutturati. La sfida, per noi, è continuare a distinguerci con ricerca, standard elevati e un approccio etico alla produzione”.

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