Si è svolta oggi la IX edizione del Forum Agrifood Monitor, l’appuntamento annuale che Nomisma organizza in collaborazione con CRIF e, quest’anno, con il supporto di Crédit Agricole Italia, dedicato all’analisi di performance, rischi e prospettive dell’agrifood italiano sui mercati globali.
Una giornata ricca di dati, evidenze e testimonianze, pensata per interpretare i trend che stanno ridisegnando consumi, distribuzione e competitività del settore. Ad aprire i lavori il Presidente di Nomisma Paolo De Castro, che ha sottolineato come “l’export giochi un ruolo centrale, in un contesto dominato da una crescente incertezza, per garantire un’adeguata sostenibilità economica alle imprese dell’agroalimentare italiano. La diversificazione dei mercati è oggi una priorità e richiede la capacità di leggere in anticipo i cambiamenti in atto e costruire alleanze solide”.
I DATI CHIAVE: EXPORT IN CRESCITA, MA LA GEOPOLITICA PESA
Dalle analisi presentate emerge un quadro complessivamente dinamico, con l’export agroalimentare italiano che continua a crescere nonostante un contesto internazionale complesso. Tra il 2019 e il 2024, gli acquisti di prodotti italiani da parte degli Stati Uniti sono aumentati del 66%, confermando il Paese come terzo mercato di approvvigionamento dopo Canada e Messico. Parallelamente, anche diversi mercati emergenti come Messico, Polonia, Romania e Corea del Sud mostrano un interesse crescente per il made in Italy, con un tasso medio di crescita annua delle importazioni pari al 12 per cento.
Sul fronte geopolitico, il nuovo scenario dei dazi introdotti dagli Usa rappresenta un elemento di incertezza che influenzerà l’andamento del 2025, pur senza ridurre il potenziale di sviluppo di un mercato che rimane strategico. Allo stesso tempo, assumono un ruolo decisivo gli accordi commerciali negoziati dall’Unione Europea: in particolare quelli con Mercosur e Indonesia, che potrebbero aprire nuove opportunità per le imprese italiane.
In sintesi, l’evoluzione dei mercati richiede oggi alle aziende una forte capacità di reazione, strategie sempre più diversificate e investimenti mirati nei paesi con le prospettive di crescita più promettenti.
LE TESTIMONIANZE DELLE IMPRESE: IL CASO SALOV–FILIPPO BERIO
Gianmarco Laviola (Salov) ha ricordato la dimensione ormai globale del marchio Filippo Berio, oggi presente in 70 paesi e leader in molteplici mercati. Negli Stati Uniti, l’azienda è il terzo player dell’olio d’oliva con un valore di circa 300 milioni di dollari, oltre a detenere la leadership nella categoria dei pesti.
Con 150 anni di storia, il brand ha una riconoscibilità che precede perfino la costituzione dell’azienda. Non mancano però le sfide: Grecia e Spagna stanno crescendo grazie a un forte supporto “di sistema” da parte dei loro governi. Per Laviola, competere oggi significa essere presenti non solo sugli scaffali, ma anche nelle cucine, valorizzando cultura gastronomica e ingredienti nella ristorazione internazionale.
SALUMI ITALIANI: UN MERCATO SOLIDO, MA NON PRIVO DI INCOGNITE
Dal fronte dei salumi, Lorenzo Beretta, Presidente di Assica, ha delineato un comparto che vale 9,4 miliardi di euro, con un export pari a 2,4 miliardi, in crescita del 10 per cento. Solo nel primo semestre dell’anno sono stati raggiunti 1,2 miliardi di euro, segnando un incremento del 6 per cento.
L’Europa assorbe circa due terzi delle esportazioni, mentre gli Stati Uniti rappresentano il 10% del totale e continuano a crescere in volume (+1,7%), seppur con un lieve rallentamento. Sul fronte asiatico, invece, la Psa ha inciso negativamente sui rapporti commerciali, frenando le vendite. Tra le note positive spicca il successo del guanciale, diventato sempre più popolare grazie alla spinta degli chef italiani all’estero che lo hanno reso protagonista di piatti autentici e apprezzati dal pubblico internazionale.
PARMIGIANO REGGIANO: UNA STRATEGIA DI VALORE NEGLI STATI UNITI
Per il Parmigiano Reggiano, come racconta Nicola Bertinelli, Presidente del Consorzio di tutela, è stato superato per la prima volta il traguardo del 50% di prodotto esportato. Tra i mercati esteri gli Stati Uniti rappresentano il 10% delle vendite, ma il contesto internazionale è complesso e segnato da inflazione, oscillazioni del dollaro e rischio di dazi.
La risposta del Consorzio a queste sfide è stata strutturale: è stata creata una corp. negli Stati Uniti con l’obiettivo di rafforzare la filiera e generare valore anche a livello locale. Tra le iniziative strategiche messe in campo, il Consorzio ha puntato sulla formazione di 400 store manager della catena Wegmans, oltre che sul raddoppio degli investimenti in comunicazione negli Usa. Bertinelli sottolinea un concetto chiave: la cucina italiana è autentica solo se preparata con prodotti italiani. La sfida futura consiste nel far diventare il Parmigiano Reggiano un prodotto “eroico”, ampliando le occasioni di consumo oltre il semplice uso grattugiato.
VINO E ACETO: LA POSIZIONE DI FEDERVINI
Giacomo Ponti, Presidente Federvini, ha evidenziato come il settore del vino debba oggi fare i conti con dazi che arrivano al 15 per cento. Il comparto vale 21 miliardi di euro, di cui 10,5 miliardi di export. Gli Usa, con 2,5 miliardi, restano il mercato più strategico e non sostituibile. Le imprese stanno lavorando per assorbire l’aumento dei costi, cercando di evitare ripercussioni sul prezzo al consumo.
Ponti ha richiamato infine l’importanza della catena del valore americana, particolarmente lunga e complessa, ribadendo l’impegno del settore nel promuovere un consumo moderato e consapevole, in linea con l’immagine della cucina italiana come modello di salubrità. In un mondo segnato da tensioni geopolitiche, volatilità dei prezzi e nuovi paradigmi di consumo, la competitività del made in Italy dipenderà dalla capacità di anticipare il cambiamento, presidiare nuovi mercati e costruire alleanze lungo tutta la filiera globale.
