Raccolta grano: mietitrebbia al lavoro in campo agricolo. Prezzi commodity agricole e volatilità.

A proposito di costi di produzione e dinamiche di mercato

Volatilità dei fattori produttivi, pressioni sui costi e prospettive inflattive nel largo consumo: il punto di Vittorio Cino, Direttore Centromarca e Ibc
Raccolta grano: mietitrebbia al lavoro in campo agricolo. Prezzi commodity agricole e volatilità.

L’industria del largo consumo alimentare e non food si confronta con una sensibile volatilità dei costi di produzione, che perdura da un quinquennio. I costi variano in modo ampio e rapido rispetto a quello che era il valore di riferimento, determinando elevati livelli di incertezza e di rischio. Il fenomeno si manifesta in misura più o meno marcata a seconda dei comparti, delle categorie di prodotto e delle imprese. E deriva da numerose variabili che hanno impatto sui conti economici. 

Vittorio Cino
Vittorio Cino
Centromarca e Ibc
Direttore

Pressioni sui costi

Dopo il picco inflazionistico post-pandemia, si è assistito a una decelerazione della crescita annua dei prezzi industriali per effetto del calo del costo dell’energia (che rimane comunque tra i più alti in Europa, penalizzando la nostra competitività), ma per contro ci sono stati incrementi del costo del lavoro (+3,3% annuo nel terzo trimestre 2025), per effetto dell’aumento delle retribuzioni (+2,8%) e dei contributi sociali (+4,8%). Altra voce da considerare sono i costi logistici, oggi influenzati da aumento dei prezzi di carburanti e servizi ausiliari, cui si aggiungono le difficoltà nel reperire spazi su navi/container e la carenza di autisti e magazzini.

A spingere verso l’alto i costi sono anche le materie prime da imballaggio. Nazioni come Austria e Germania, storici fornitori, soddisfano con difficoltà la domanda italiana, creando carenze e quindi le condizioni per la speculazione. A dinamizzare i costi entra in gioco anche la transizione sostenibile, fondata sull’utilizzo di materiali ecologici, che spesso comporta costi più elevati rispetto alle alternative tradizionali. 

Infine, le materie prime. L’indice 2025 dei prezzi agricoli, (dati Banca Mondiale) ha continuato a segnare una diminuzione: -7% circa nella prima parte dell’anno; -1% stimato sull’intero 2025. Le componenti food e raw materials evidenziano però cali medi di pochi punti percentuali. I livelli di prezzo restano più elevati rispetto al 2019, seppur in graduale rientro dopo i picchi registrati nel periodo post-pandemia e a seguito del conflitto in Ucraina. Che il quadro non sia dei migliori lo mostrano le dinamiche di (variazione tendenziale) di alcuni settori nel periodo gennaio/settembre 2025: caffè, tè, cacao: +19,1%; burro: +17,4%; formaggi: +5,4%; frutta: +5,1%; carni: +4,0%. Permangono inoltre rischi al rialzo, legati a eventi meteorologici estremi, restrizioni alle esportazioni e shock su fertilizzanti.

Quali prospettive future?

Non stupisce dunque che per il 2026 le principali istituzioni producano previsioni all’insegna della cautela. Si parla di inflazione moderata: +1,6/+1,7% secondo Istat; +1,5/ +1,7% per la Banca d’Italia. Le stime di NIQ su base Istat per l’LCC delineano volumi a +1,0%, prezzi a +1,6%, per un valore complessivo pari a +2,6%. Su queste basi non ci pare si delinei un quadro complessivo di deflazione. Detto questo, come Centromarca e Ibc hanno più volte sottolineato in occasione di incontri pubblici, ogni azienda, in totale autonomia e indipendenza, sviluppa le sue strategie commerciali, che sono legate a fattori distintivi come l’efficienza che esprime, i volumi che tratta, il posizionamento delle produzioni, la specifica struttura di costi, la fondamentale tenuta del conto economico. 

Questo avviene in un comparto dove la concorrenza è perfetta e si esprime pienamente garantendo al consumatore la più ampia possibilità di scelta in termini di gamma di prodotti, livelli di qualità e innovazione.

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