Vanto d’italianità, sanzioni sempre in agguato

Vanto d’italianità, sanzioni sempre in agguato

Si conferma sempre forte l’attenzione degli organi di controllo nei confronti dell’uso di riferimenti all’italianità in prodotti fabbricati totalmente o parzialmente all’estero. Una recente operazione dei carabinieri, che ha dato luogo a contestazioni penali, è l’occasione per alcune puntualizzazioni su un tema spesso aperto a diverse modalità di valutazione.
Il fatto concerne alcuni prodotti fabbricati interamente all’estero per conto di un’azienda italiana, sulla cui etichetta era riportato il marchio patronimico dell’azienda italiana e una raffigurazione stilizzata di un paesaggio che poteva evocare il territorio in cui aveva sede l’azienda stessa.
L’autorità di controllo ravvisa nel fatto un’ipotesi di reato, contestando l’art. 4 comma 49 L. 350/2003 in relazione al reato di vendita di prodotti con segni mendaci (punito dal codice penale all’art. 517 con la reclusione fino a un anno e la multa fino a 20mila euro) in quanto i prodotti , pur recando nell’etichetta al consumatore, l’esatta origine e provenienza, riporterebbero le seguenti fallaci indicazioni:
– il nome italiano dell’azienda – idoneo a evocare marchi aziendali o comunque nomi italiani;
– immagini relative a un classico paesaggio italiano (diverso da quello di effettiva produzione);
– uso di gradazioni cromatiche: verde, bianco e rosso, che richiamano quelli del tricolore italiano
tali da indurre il consumatore a ritenere che trattasi di prodotti tipicamente italiani.
Per la violazione viene ipotizzata anche la responsabilità dell’ente ai sensi dell’art. 25.1 bis del d.lgs. 231/01 che, come noto, prevede sanzioni amministrative e interdittive particolarmente elevate, laddove i reati siano stati commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso da soggetti in posizioni apicali o da persone sottoposte allo loro vigilanza.
Il caso è quanto mai emblematico, non solo perché ripropone la vexata quaestio dei limiti entro i quali è possibile usare marchi italiani piuttosto che raffigurazioni paesaggistiche o colori evocativi dell’Italia, ma anche perché la risposta sanzionatoria ai suddetti comportamenti non appare sempre omogenea.
Infatti, a fronte di approcci particolarmente rigorosi di alcune autorità di vigilanza, che ravvedono immediatamente ipotesi di reato (soprattutto se si considera anche la contestazione all’ente ai sensi del d.lgs. 231/01), si riscontrano altre situazioni in cui il medesimo fatto viene ricondotto solo a una violazione della normativa sull’etichettatura dei prodotti, e in particolare alla violazione del divieto di etichettatura e pubblicità ingannevole, oggi previsto dall’art. 2 d.lgs. 109/92 e sanzionato con una somma che va da 3.500 a 18mila euro.
Purtroppo la valutazione dell’impatto decettivo dell’etichetta mantiene un margine di soggettività che non consente di prevedere le reali conseguenze sanzionatorie in cui può incorrere l’operatore.

Avv. Gaetano Forte
www.avvocatogaetanoforte.it

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