Rubies in the rubble, lo scarto diventa profitto

La start up londinese, che produce salsa chutney dall'ortofrutta avanzata a Covent Garden, da quest'anno produce profitti vendendo da Waitrose, Selfridge’s Food Hall e Harvey Nichols
Rubies in the rubble, lo scarto diventa profitto

Le nostre nonne lo sanno bene: se si rischia di buttare tanta frutta avanzata, la soluzione è fare una bella marmellata. Questa saggezza domestica, elevata in scala industriale, è alla base della start up londinese Rubies in the Rubble. Il nome identifica una salsa chutney in vendita nei punti vendita più lussuosi della city, come Waitrose, Selfridge’s Food Hall e Harvey Nichols. Ma non è il fatto di essere un ottimo prodotto gastronomico che ha fatto conquistare a Rubies in the Rubble l’attenzione del Guardian, del Financial Times e della CNN. A connotare questo prodotto è il fatto che sia realizzato con la frutta e la verdura rimasta invenduta sui banchi di Covent Garden. Alimenti che prima finivano dritti nel bidone dell’umido, e che oggi sono il segreto del successo di questa piccola azienda gastronomica, al terzo anno di attività. Oggi Rubies in the Rubble è arrivata a salvare una tonnellata e mezza di cibo la settimana per produrre 1.000 vasetti, venduti non solo nel mercato di quartiere (come agli esordi), ma nei principali negozi-vetrina di tutto il Regno Unito e una variante è stata addirittura commissionata dal famose chef Jamie Olivier. Tanto che ha dovuto esternalizzare parte della produzione nelle campagne del Somerset. E – anche grazie al grande vantaggio competitivo del prodotto – quest’anno dovrebbe iniziare a fare profitti.

Tutto è nato dalla sensibilità dell’ex studentessa di matematica Jenny Dawson. Sapendo che ogni anno nel Regno Unito vengono sprecate 15 milioni di tonnellate di cibo, Dawson ha ragionato su come evitare questo grandissimo scandalo. E la soluzione – che oggi può sembrare l’uovo di Colombo – ha vinto nel 2012 il premio europeo istituito da Ben & Jerry, consistente in 10mila euro e sei mesi di tutoraggio dall’associazione non profit Ashoka. Proseguendo così la propria avventura, che nell’anno europeo dello spreco alimentare diventa una success story di primo piano.

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