Pagamenti, la gdo allunga i tempi

Pagamenti, la gdo allunga i tempi

Nei rapporti industria-distribuzione – meglio ancora: nei contratti di fornitura – un capitolo centrale sono i modi e i tempi di pagamento, peggiorati negli ultimi anni secondo una ricerca di Cribis D&B, società multinazionale specializzata nel monitorare l’affidabilità delle controparti commerciali, che Food ha pubblicato in esclusiva sul numero di febbraio 2011 (pagg. 22-28).
Già in un parere rilasciato dal Comitato economico e sociale europeo e inserito nella Gazzetta Ufficiale dell’Ue del 14 ottobre 2005 si legge: “I fornitori di prodotti alimentari alla grande distribuzione hanno spesso difficoltà finanziarie per via delle lunghissime scadenze di pagamento, che arrivano talvolta a 120 giorni, più raramente perfino a 180. Dal momento che i consumatori pagano all’acquisto, tali scadenze di pagamento contribuiscono fortemente ai profitti della grande distribuzione, la quale in un certo senso riceve dai fornitori dei prestiti a tasso zero”.
Cosa emerge dalla ricerca Cribis? Innanzitutto, c’è da fare un distinguo importante. Cribis vanta tra i suoi servizi un programma di partnership tra le aziende – Cribis iTrade – volto a raccogliere e rendere disponibili sul mercato dati, analisi e valutazioni sulle abitudini di pagamento. Questo programma non ha come obiettivo l’esame della lunghezza media delle condizioni di pagamento – variabile sicuramente importante – ma il loro rispetto da parte del debitore (la gdo, in questo caso). Perché è la puntualità dei pagamenti, quale che sia la scadenza, a essere collegata all’affidabilità della controparte. Fatta questa precisazione, le cose nel 2010 non sono andate bene. Secondo i dati aggiornati al terzo trimestre, se in Italia tra tutte le categorie di aziende monitorate, il 39% delle fatture era pagato nei tempi stabiliti, questa percentuale scende al 21% nel caso della gdo. Un valore pari a circa la metà di quello medio nazionale, già non elevato. E nel 2009 la gdo risultava l’ultima tra le 65 categorie industriali e commerciali esaminate per puntualità. Un non invidiabile primato.
“In riferimento alla gdo, la nostra ricerca comprende il largo consumo alimentare e non – spiega Fabio Lazzarini, marketing manager di Cribis D&B –: tra i due comparti non ci sono differenze sostanziali, quindi il dato, a nostro avviso, fotografa bene la situazione. Che non è certo incoraggiante, anche se poi il 56% delle fatture viene saldato entro 30 giorni di ritardo, contro una media del 50% nazionale. Credo che la complessità raggiunta ormai dai contratti che legano industria e gdo sia essa stessa un motivo di rallentamento dei processi di pagamento. Le decine di clausole impegnano gli uffici amministrativi in laboriose verifiche e queste ostacolano probabilmente il flusso dei pagamenti, che slittano quindi qualche giorno oltre la scadenza per motivi tecnici”.
Ma c’è anche del malcostume, che forse la crisi ha reso ancor più evidente. “La pessima congiuntura – prosegue Lazzarini –, tra i vari effetti, ha avuto anche quello di acuire in alcune imprese certi atteggiamenti, dettati più dall’essere titolare di una maggior forza contrattuale che non da altre motivazioni. Per esempio, chi ha una consolidata rete di punti di vendita in un determinato territorio ha sicuramente il coltello dalla parte del manico quando si tratta di regolare i pagamenti: in particolar mondo nei confronti di piccoli e medi fornitori”. In altri termini si rallentano i pagamenti e così di fatto ci si finanzia a costo zero, come anche la Commissione Ue aveva evidenziato. “C’è però da sottolineare – spiega sempre Lazzarini – che ci sono differenze, anche importanti, tra le singole aziende. Alcuni retailer sono infatti da sempre pessimi pagatori e sono i soliti noti del settore, mentre altri sono notoriamente più virtuosi. È vero anche che nel Sud Italia i pagamenti sono ancora meno regolari che nel Nord: ma nell’ultimo anno l’isolana Ipercoop Sicilia abbia registrato uno dei maggiori miglioramenti in termini di performance”.
Tra i pagatori più virtuosi, per quelle scarne verifiche che è possibile fare, c’è il sistema Coop Italia, che gode però di più di 11 miliardi di euro di liquidità complessiva derivante dal prestito soci. Un polmone finanziario che consente di far fronte alle pendenze con scadenze più ravvicinate e precise, ottenendo d’altro canto condizioni d’acquisto migliori. Sembra invece che i colossi francesi presenti in Italia si siano adeguati alle condizioni prevalenti nel Belpaese, nonostante nella loro madrepatria le tempistiche siano mediamente più virtuose.
“Le modalità di pagamento – conclude Lazzarini – sono una variabile strategica per un’azienda, soprattutto se parliamo di flussi intensi di denaro come nel caso delle grandi catene. Allungare o accorciare i termini può significare molto in chiave di performance finanziaria a fine anno, e può essere moneta di scambio per le contrattazioni, a integrazione degli sconti per esempio. Ma non solo: il trend dei pagamenti può essere un indicatore anticipatore della congiuntura. Dalle nostre analisi abbiamo infatti evidenziato che i debitori avevano dilatato le tempistiche già a fine 2007, cioè in un periodo nel quale la crisi non era ancora manifesta in Italia e se ne sentiva parlare diffusamente solo negli Usa”.

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