Il mercato Italia visto da Nestlé

Il mercato Italia visto da Nestlé

In un’intervista esclusiva per www.foodweb.it a Nicola Ostano, Leo Wencel, presidente e amministratore delegato di Nestlé Italia, analizza le caratteristiche e le particolarità del mercato italiano nei settori dell’industria e della distribuzione alimentare dal punto di vista del gruppo leader mondiale del food.

La videointervista è in inglese. Qui di seguito pubblichiamo il testo della versione in italiano:

Un anno fa, in un’intervista lei ha definito il mercato italiano ‘molto particolare’ perché tutto tende a essere molto diverso da quanto avviene in altri mercati europei e mondiali. Dopo un anno, la sua percezione è ancora la stessa, soprattutto nel mercato agroalimentare?
Ho detto che è particolare, non nel senso che è diverso da tutti gli altri, dato che non esistono due mercati identici, ma nel senso che ha un diverso modo di fare commercio: i prodotti devono essere pensati specificamente per questo mercato, che richiede un approccio differente. Ho capito anche che è un po’ più burocratizzato di quanto immaginassi prima di venire qui: ci sono più barriere dal punto di vista fiscale. Pensavo insomma che fosse un po’ più aperto in tal senso. Credo che sia un peccato per una grande nazione come l’Italia, perché se ci si liberasse di queste zavorre potrebbe correre molto più velocemente. Stiamo comunque andando bene, stiamo facendo il nostro dovere: abbiamo capito – forse un po’ in ritardo – che il punto vendita qui è il posto dove realmente accadono tutte le cose. Perciò ci siamo completamente riorganizzati come impresa, per capire quali sono i prodotti che il consumatore vuole trovare e comprare: tutto il resto è completamente irrilevante. Ci siamo rafforzati quindi riorganizzando in particolare l’area vendite nell’ultimo anno, in direzione di un maggiore ascolto delle necessità del trade e della nostra capacità di comprendere i bisogni del consumatore, che è una vera e propria conditio sine qua non per noi. Al tempo stesso, abbiamo provato a sviluppare prodotti che rispondano a esigenze effettive e abbiamo avuto un paio di ottimi risultati: un paio di prodotti relativamente semplici ma efficaci, uno dei quali è Buitoni Saccoccio, che stanno superando tutte le nostre aspettative e del trade doppiando le  previsioni di vendita. Poi abbiamo sviluppato un prodotto molto distintivo nell’area dei gelati: dapprima l’abbiamo chiamato Gelato da bere, adesso l’abbiamo rinominato Gran Crema, perché è così che i consumatori hanno voluto chiamarlo. È un prodotto all’avanguardia nel mercato italiano e abbiamo iniziato a referenziarlo nella catena Autogrill, dove sono molto soddisfatti di questo sviluppo. Continueremo a lavorare in questa direzione: poi abbiamo creato anche una nuova linea per il marchio Buitoni, una linea top completamente nuova nella prima metà dell’anno siamo rimasti positivamente colpiti dai risultati che ha raggiunto. Infine, voglio sottolineare che ho imparato molto lo scorso anno dalla mia permanenza qui all’Inkontro: ci sono ottime possibilità di creare network sia dentro che fuori dalle sessioni ufficiali e mantenerti sintonizzato su quelli che sono i temi più cari al trade. Credo che Nestlé sarà sempre presente qui: per contribuire e al tempo stesso imparare. L’Italia è sì particolare, ma non nel senso che qualcosa che non si può fare, ma nel modo che richiede di interpretare i bisogni locali e di fare il proprio business

Data la particolarità del mercato italiano nell’accoglienza dell’innovazione alimentare, anche per i vincoli di legge, non sta diventando troppo difficile per una multinazionale come Nestlé lavorare in Italia?
Nestlé è, di solito, molto locale: non abbiamo molti stranieri nelle sedi nei vari Paesi. Ciò che è fatto da Nestlé in Italia è fatto da italiani che sanno benissimo cosa succede qui perché sono nati in Italia, sono cresciuti qui e sanno perfettamente cosa piace e cosa no. E possono accettare un’idea di prodotto, rifiutarla o svilupparne una essi stessi. E credo che alla fine il gioco sia esattamente lo stesso che altrove: riuscire a creare prodotti che i consumatori vogliano comprare e pagare. E i consumatori ci stanno dimostrando che se facciamo bene i nostri compiti, se collaboriamo, abbiamo successo; se viceversa consideriamo il consumatore irrilevante, se procediamo da soli, allora creiamo un problema. Il punto, quindi, secondo me, è riuscire da parte nostra a migliorare la capacità d’indirizzare questi segnali del consumatore. Da un punto di vista manageriale, come dicevo, in Italia ci sono molti ostacoli di tipo burocratico che rallentano il processo di crescita; ci sono costi nella filiera nel trasporto del prodotto dal produttore al distributore che dovrebbero essere più bassi, come accade in altri Paesi. Ci sono ragioni strutturali: ma è anche vero che se alcuni ostacoli non verranno rimossi, l’Italia continuerà a essere il Paese d’Europa più caro per lavorare. E questo sicuramente non aiuta il Paese né incoraggia gli investimenti.

In Italia la quota delle pl è più bassa rispetto alla media europea, ma il trend è di forte crescita. È un fenomeno che vi preoccupa?
Questa è una domanda spinosa… Certo, se la mia quota di mercato cala sono preoccupato: ma che sia a favore delle pl o di chiunque altro non cambia niente. Per me, non sarebbe una consolazione se la mia  quota di mercato calasse a vantaggio di un player che non sia una private label. L’Italia ha un livello più basso di pl, ma ha un altissimo numero di piccoli produttori, come accade nell’Europa dell’Est, che in qualche misura vivono solo sull’attività in contoterzi. Se consideriamo la situazione da un punto di vista più ampio, non è poi molto diversa da quella di altri mercati con quote più alte di marchi del distributore. Nella mia attività quotidiana, qui in Italia non penso certo di potermi rilassare solo perché ci sono delle quote della pl più basse! Non è un fattore che ci permette di rilassarci perché ci sono altri produttori, un elevato numero di piccoli imprenditori, anche agricoli: ed è alla fine sempre lo stesso scenario di forte competizione che troviamo dappertutto.

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