Mozzarella di bufala dop, arriva la versione halal

Mozzarella di bufala dop, arriva la versione halal

Nasce la prima mozzarella di bufala campana Dop certificata “halal”, prodotta cioè nel rispetto delle leggi islamiche. Antonio Lucisano, direttore del Consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana dop, e l’imam Abdallah Massimo Cozzolino, direttore della moschea di Napoli e presidente dell’associazione culturale islamica “Zayd Ibn Thabit”, hanno consegnato a La Baronia, azienda di Castel di Sasso (Ce), la prima certificazione in Italia di conformità “halal” (“lecito” in arabo): il prodotto, cioè, può essere consumato dai musulmani osservanti ed è conforme ai dettami del Corano e della Sharia
Nel mondo, i consumatori di prodotti “halal” costituiscono un mercato di circa 2 miliardi di persone, con una crescita mondiale dei consumi superiore al 10% annuo. Per alcuni Paesi islamici quello “halal” è un requisito doganale imprescindibile per l’entrata e la commercializzazione di alcuni generi alimentari. Si stima che il mercato delle certificazioni “halal” sia quattro volte più esteso di quello delle certificazioni biologiche.
Alla luce di ciò, il Consorzio di tutela ha sottoposto all’attenzione dei caseifici la possibilità di certificare l’azienda al sistema di gestione “halal”, in modo da favorire la penetrazione del prodotto in segmenti di mercato di fede islamica, in Italia e all’estero.
Gli unici enti deputati al rilascio del marchio sono le associazioni culturali islamiche presenti in Italia, che in collaborazione esclusiva con Tuv Italia Certificazioni, predispongono specifici audit in azienda.
“Per la prima volta a livello internazionale – sottolinea Roberto Passariello, responsabile food Italia di Tuv – un’associazione islamica, un ente di certificazione istituzionale e un consorzio di tutela hanno collaborato a realizzare un disciplinare tecnico che rispetta non solo le leggi islamiche ma anche le norme internazionali”.
Le differenze della mozzarella di bufala “halal” non sono da ricercare nel prodotto ma nel percorso lavorativo, che prevede vincoli dettati dalla religione islamica: come, per esempio, l’utilizzo di prodotti senza alcol per la pulizia degli impianti o l’indicazione della data di produzione oltre a quella di scadenza.
“La novità fondamentale – commenta l’imam Cozzolino – è la verifica, da parte della comunità islamica, della correttezza dei procedimenti e dell’assenza di sostanze che, pure inavvertitamente, possono rendere il prodotto non lecito per l’Islam. Quest’iniziativa per noi è anche il segnale dell’attenzione di istituzioni e aziende verso la tutela delle minoranze religiose. Finalmente tra gli scaffali della grande distribuzione potremo comprare prodotti con il marchio halal: un passo in avanti anche nell’ottica dell’integrazione tra comunità”.

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