1a o 2a generazione, chi innova e rischia di più?

1a o 2a generazione, chi innova e rischia di più?

L’universo dei giovani imprenditori presenta una caratteristica duale che richiede attenzioni e servizi differenziati, a seconda che siano figli di imprenditori o diretti fondatori.
Raramente il mercato, la concorrenza e le stesse associazioni imprenditoriali (Confindustria, Confcommercio, Confapi, Cna, Confartigianato…) riescono a operare una vera e propria differenziazione di approccio.
Esiste una differenza importante tra i giovani imprenditori di prima generazione – in genere sotto i 40 anni, hanno fondato l’impresa o da soli o con parenti, coniuge, ecc – e i figli di imprenditori (seconda o terza generazione) presenti nelle imprese di famiglia.
Anche se entrambi sono giovani imprenditori, si collocano sul mercato con dinamiche diverse. La differenza fondamentale risiede nell’approccio al rischio imprenditoriale e alla visione del business da un punto di vista cognitivo e organizzativo.
I giovani imprenditori di prima generazione devono conquistare e consolidare il business e sono caratterizzati da una propensione al rischio maggiore rispetto a quelli di seconda o terza generazione, i quali devono pensare solo – o soprattutto – a espandersi. Gli imprenditori giovani (di prima generazione) sono più propensi a domandare capitali o rivolgersi a investitori esterni rispetto ai secondi.
Essere imprenditore significa disporre di una dote di assets e competenze personali quali la propensione al rischio, la resistenza allo stress, la capacità di tenere sotto controllo le situazioni. Ma devono anche dimostrare creatività, elasticità mentale, capacità di stabilire buone relazioni umane, la visione e la strategia.
Non ci sono diversità ‘strutturali’ tra un giovane Imprenditore che ha creato l’impresa (da solo o associato) e un giovane che lavora presso l’impresa di famiglia. Entrambi devono essere proattivi e dotati di capacità di superamento degli ostacoli per garantire la continuità del business, sia esso di prima o seconda generazione.
Esistono probabilmente approcci comportamentali differenziati rispetto all’intensità con la quale possono essere vissute le variabili (o gli asset) prima elencate.
Per molti giovani imprenditori di famiglia di seconda o terza generazione, il fatto che lavorino nell’ambito di un sistema familiare può costituire un ammortizzatore e un ‘ombrello’ che ammorbidisce decisioni e atteggiamenti. Diminuiscono le incertezze e, di conseguenza, non esiste la necessità di garantirsi un sistema relazionale autonomo e di dotarsi di una maggiore quota di coraggio per consolidare il business. L’elemento di distinguo tra un imprenditore di prima generazione e un ‘figlio d’arte’ rispetto al rischio è che cambia sostanzialmente il “costrutto economico”.
Un giovane imprenditore di prima generazione necessariamente deve costruirsi un percorso in salita, mentre nel caso dei giovani imprenditori di famiglia, la generazione dei genitori o fondatori ha già spianato la strada: perciò non è incentivato a muoversi di più o, detto in altri termini, presenta una minore ‘impulsività funzionale’.
Questa ‘impulsività funzionale’ – ossia la capacità di prendere decisioni rapide in condizioni di stress – diventa un valore evolutivo come un mezzo per cogliere le opportunità in un ambiente in rapido cambiamento.
I giovani imprenditori di prima generazione accettano di più il rischio in quanto comporta (a successo ottenuto) una maggiore reputazione, il riconoscimento dell’ambiente e un’autostima personale. I giovani imprenditori di seconda o terza (o quarta) generazione, invece soprattutto quando si sentono protetti dal sistema familiare – hanno meno necessità di dimostrarsi assertivi.

Luis Iurcovich
Esperto di family business
www.iurcovich.it

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