Centromarca, no all’aumento Iva chiesto da Confindustria

Centromarca, no all’aumento Iva chiesto da Confindustria

I dati sull’andamento delle vendite al dettaglio a novembre 2012, diffusi dall’Istat, attestano un calo del -2,1% nella grande distribuzione e del -3,9% nelle piccole superfici. Rispetto a novembre 2011 l’indice grezzo del totale delle vendite segna una diminuzione del -3,1%, risultante dal calo del -2% per i prodotti alimentari e del -3,7% per i non food. “Sulla scorta di questi numeri – dichiara Luigi Bordoni, presidente di Centromarca, in una nota stampa ufficiale – non possiamo che dissentire dalla proposta avanzata ieri da Confindustria di aumentare le aliquote Iva dal 4% al 6% e dal 10% al 12 per cento. L’intervento avrebbe effetti negativi pesanti su inflazione, domanda, prodotto interno lordo e gettito fiscale. Si sommerebbe peraltro agli effetti negativi sul potere d’acquisto delle famiglie, già gravato da un’imposizione fiscale da tutti considerata ormai insostenibile”.
Per Centromarca, va scongiurato anche l’aumento di un punto percentuale dell’aliquota Iva del 21%, programmato per il luglio 2013, già inserito nella legge di stabilità varata dal Governo Monti. Secondo le stime elaborate da Ref Ricerche e Centro Studi Centromarca, il solo innalzamento dal 21% al 22%, contribuirebbe a una crescita del costo della vita del +0,5% (+0,6% a regime). L’incidenza sarebbe del +0,1% per i prodotti alimentari e del +0,8% per il non alimentare. All’aumento dei prezzi corrisponderebbe una contrazione dei consumi delle famiglie del -0,3%, accompagnata da una riduzione del pil del -0,1%, corrispondente a poco meno di 2 miliardi di euro. Tutto ciò si tradurrebbe in un calo del gettito atteso per le casse dello Stato, stimato in quasi un miliardo di euro.
“Sulla base di queste evidenze – rimarca Bordoni – consideriamo improponibile non solo l’aumento delle aliquote Iva, ma in generale qualsiasi forma ulteriore di tassazione dei consumi”. Le incertezze sulle prospettive economiche hanno reso i consumatori estremamente prudenti. “In queste condizioni – conclude il presidente di Centromarca – l’elasticità della domanda delle famiglie rispetto alle variazioni dei prezzi sarà elevata, producendo contrazioni dei livelli di spesa ancor più gravi di quelle ipotizzate da tutti gli analisti e dalle imprese. La soluzione non sta nel diminuire una tassazione aumentandone un’altra, bensì nel taglio drastico della spesa pubblica improduttiva”.
A Centromarca aderiscono 200 imprese attive nei diversi settori dei beni di consumo immediato e durevole (alimentare, chimico casa e persona, tessile, elettrico, bricolage, giocattolo, home entertainment) che sviluppano complessivamente un giro d’affari di 45 miliardi di euro.

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