Manfredi e Barilla

Manfredi e Barilla

Manfredo Manfredi, il braccio destro di Pietro Barilla, ci ha lasciato martedì scorso, il 22 gennaio, all’età di 87 anni. Esattamente cent’anni fa nasceva il ‘signor Pietro’, e moriva vent’anni fa.
Un tandem, quello dell’imprenditore e del manager, che insieme hanno pedalato per innovare prodotti e processi, per formare una classe di manager e per far crescere un’industria diventata poi multinazionale.
Manfredi ha trascorso 60 anni in azienda. Una vita. Ha mantenuto, infatti, il suo ufficio dopo la pensione e l’incarico nel consiglio di amministrazione. È stato presente anche nell’ultimo cda nel dicembre scorso. Ma partiamo dall’inizio.
Nel lontano 1952 Manfredi entra in azienda. Il primo ingegnere della fabbrica parmigiana. Gestisce gli aspetti tecnici: fa modificare impianti, progettare e costruire macchine per ottenere il massimo dalla tecnologia e aumentare la produttività. Anche le fabbriche crescono.
Un direttore tecnico, competente ed esperto, da valorizzare. Quando il ‘signor Pietro’ lo premia, con un master ad Harvard, a Manfredi sembra di toccare il cielo con un dito. È a Boston che l’ingegnere impara bene le tecniche di gestione, il management, il marketing. La sua grande passione che poi applica in azienda. Con rigore, determinazione, professionalità.
Quando nel 1971 la società viene ceduta alla Grace, Manfredi viene nominato amministratore delegato. Con gli americani l’ingegnere implementa nuovi sistemi informativi, la pianificazione, il controller e l’organizzazione.
I conti tornano a posto. Inizia la diversificazione. È lui a lanciare con successo i prodotti della linea Mulino Bianco, biscotti e sostituti del pane.
Quando nel 1979 Pietro Barilla riacquista la società, Manfredi è confermato al vertice. Confessa l’imprenditore a un amico veneto: “Mi hanno restituito un’azienda che gira come un orologio, organizzata con sistemi di gestione americani e i conti in ordine”.
L’artefice di tutto questo è stato Manfredi, che ha sempre creduto molto nel marketing e nella comunicazione, sostenendo questi principi:
“La Barilla ha un’immagine positiva, costruita non dalla pubblicità ma dalla sua reputazione, dall’impegno e dalla professionalità espressi in oltre cent’anni di lavoro. È il risultato dell’impegno e della passione per la qualità, delle capacità di marketing e d’innovazione, dell’integrità della proprietà e nel management”.
Sì, uno dei grandi meriti di Manfredi è l’aver formato una classe di dirigenti di successo. Oggi riconoscono ‘gli onori alle armi’ al ‘comandante’ Manfredi, così come al loro ‘generale’ signor Pietro. Sono decine e decine. Citiamone a memoria alcuni: Andrea Allodi, Albino Ivardi Ganapini, Francesco Paolo Di Maria, Mario Rossello, Riccardo Carelli, Francesco Pugliese, Gianluca Bolla, Paolo Micheli, Dario Rinero, Maurizio Spampinato, Giuseppe Zuliani.
Un altro ruolo svolto da Manfredi con successo è quello di essere stato il ‘tutor professionale’ per i tre figli del signor Pietro: Guido, Paolo e Luca.
“Ci ha insegnato a capire che la forza dell’impresa è nella organizzazione, nel metodo, nel rigore, nell’ordine e nella disciplina e nella sua dedizione al lavoro – ha precisato Guido Barilla, presidente oggi della multinazionale, svelando anche un particolare interessante – agli inizi degli anni Ottanta Manfredi era stato segnalato da Cuccia all’avvocato Gianni Agnelli, che gli offrì una poltrona a Torino. Manfredi la rifiutò, con enorme soddisfazione di nostro padre”.
Nel 1992, per quattro anni, Manfredi diventa presidente di Centromarca e gratifica con uno stipendio da capogiro Luigi Bordoni (oggi presidente e direttore generale di Centromarca, ndr).
Anche noi amiamo ricordare alcuni aneddoti su Manfredo Manfredi, avendolo conosciuto abbastanza bene. Un personaggio che leggeva moltissimo. Amava le riviste di management e di marketing, in particolare quelle americane. Ritagliava gli articoli e arricchiva così le sue relazioni con citazioni, diagrammi e tabelle. Segnalava sempre gli argomenti e i dibattiti in corso oltreoceano. Dialogava regolarmente con i guru e i consulenti. Amava le ricerche. Sapeva ascoltare. Anche dopo gli ottanta anni era iperattivo e ottimista. Si recava da Parma a Milano in treno. Vestiva con abiti classici, attillati, con i tre bottoni sempre chiusi. Il viaggio era una ghiotta occasione per ascoltare le strategie di un professore che sapeva comunicare sempre con eleganza e signorilità. Insomma, un gentleman d’altri tempi. Come il mitico ‘signor Pietro’. Paolo Dalcò

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