Quando lo spot racconta (bene) la banalità/1

Quando lo spot racconta (bene) la banalità/1

Anche sul numero di giugno di Food la rubrica Visti da LoRo è dedicata ai più interessanti spot internazionali, scelti e commentati da Roberto Scotti e Lorenzo Zordan, creativi dell’agenzia LoRo. Insieme al link per visionare direttamente lo spot, pubblichiamo il testo del commento di Scotti e Zordan a proposito del commercial lanciato da Abbott’s Village Bakery, azienda australiana di prodotti da forno.

Se ci fosse l’automobile che va ad acqua invece che a benzina, non ci sarebbe bisogno di farle pubblicità. Questo dicevano, a noi imberbi aspiranti creativi, i tutor d’agenzia di qualche anno fa. Ovviamente l’esempio era un caso-limite: con una promessa così rivoluzionaria, con un’idea di prodotto così risolutiva, a cosa serve l’idea creativa (e anche l’investimento pubblicitario in sé)? Tanto, ne parlerà tutto il mondo, e le folle accorreranno spontaneamente. Notiamo tra parentesi che il caso-limite è probabilmente divenuto realtà: non con l’auto ad acqua, ma con il Viagra.
Ma la riflessione di oggi è un’altra: cosa succede quando si presenta il caso opposto? Ossia, quando abbiamo un prodotto molto semplice, per niente innovativo, e con una promessa banale o marginale?
Abbiamo qui davanti a noi un caso in cui la creatività ha saputo esprimersi in modo eccellente partendo da un prodotto che più ‘basico’ non si può: il pane. E che si è trovata a dover gestire un’accoppiata promessa/reason-why di una banalità disarmante: “Il nostro pane è buono perché è naturale e genuino”.
Un bel pane integrale a cassetta, quello prodotto da Abbott’s Village Bakery. L’agenzia australiana Bmf, lasciando da parte forni, fornai, panieri e slogan tipo “Il pane come una volta”, si è inventata una definizione davvero spiazzante: “free range bread”, come dire “Il pane allevato a terra”. E infatti vediamo le simpatiche pagnotte pascolare, correre e saltare libere nei prati, nutrite solo con grano e alimenti genuini, in un ambiente incontaminato, allevate da amorevoli pastori-fornai e giocosi spaventapasseri. Insomma, un gregge di pani che, con le loro movenze un po’ goffe e la loro evidente morbidezza, riescono anche a essere appetitosi.
Pane che pascola, fornai in versione bucolica: non solo grande creatività, ma anche la fortuna di lavorare in un posto in cui nessuno è saltato su a dire, per esempio, che le pagnotte sul prato si sporcano. Ma siamo in Australia: ed è il mondo al contrario.
Roberto Scotti e Lorenzo Zordan, unodiloro@gmail.com

© Riproduzione riservata