Coop, nel 2014 i consumi food a -0,5% a volume

Coop, nel 2014 i consumi food a -0,5% a volume

Dall’osservatorio Coop, il cielo sopra l’Italia appare ancora grigio piombo. I venti di crisi hanno soffiato più debolmente nel bimestre luglio-agosto: ma il Rapporto Coop 2013 “Consumi & distribuzione” – presentato da Enrico Migliavacca, vicepresidente vicario Ancc-Coop e redatto con la collaborazione scientifica di Ref. Ricerche e il supporto di Nielsen – nulla concede a chi spera in una ripresa sempre più vicina.
Lo conferma a Foodweb.it, in un’intervista a Domenico Apicella, Marco Pedroni, presidente di Coop Italia, che si focalizza sui temi sugli effetti dell’art. 62 sui tempi di pagamento, sull’indagine conoscitiva dell’Antitrust pubblicata a metà agosto, su una possibile intesa con l’idm in vista di un rilancio dei consumi e sul progetto di e-commerce di Coop per il non food.
Negli ultimi sei anni il reddito disponibile reale è calato del -10,2%. La disoccupazione è alle stelle con il 12% nei primi mesi del 2013, ai massimi dal 1977. Si allunga la vita media (rispetto al 1975 si vive 10 anni di più), si accorciano le possibilità di vivere meglio: gli italiani riscoprono il ‘valore'(ben monetizzabile) della rinuncia e del contenimento degli sprechi. Eloquente in tal senso il taglio dei consumi ‘privati’ a volume: dalla carta igienica (-9,3%) alle lamette (-22,7%) agli assorbenti interni (-11,5%). E’ ancora flessione per il beverage alcolico: per i vini -4% nell’ultimo anno, per gli aperitivi oltre il -5%, per amari e liquori più del -3 per cento. Né va meglio per i coloniali: il comparto caffè-tè-cacao registra una flessione a valore pro capite in 6 anni del -21 per cento. In compenso, se per Bacco e tabacco (sigarette fumate: -14% in 2 anni) i tempi sono duri, per i favori di Venere gli italiani chiudono ancora un occhio: tra i pochi segni positivi, il +6,4% degli accessori per il sexual entertaniment, quasi +8% in due anni per Viagra e simili.
Nel carrello della spesa food si scopre un po’ a sorpresa che l’italiano ama sempre più il cibo etnico (+6%) e sta tirando fuori un’anima tutta verde: l’insalata si fa nell’orto (proprio) e sullo scaffale si privilegia il biologico.
E nel 2014? Nonostante si venga da anni di flessioni elevate, la ripresa dei consumi alimentari e non alimentari non ci sarà: la stima Coop per il prossimo anno è di un ulteriore -0.5% nel food e -6,1% nel non food, su una base 2013 già in significativa contrazione.
Il progetto Coop di e-commerce per il non food nasce da una constatazione: in Italia sono 29 milioni i navigatori attivi ogni mese e 23 di loro lo fanno attraverso tablet e smarthpone (10 milioni in più rispetto al 2012 ne hanno in tasca uno nuovo). Se 21 milioni di italiani si limitano a leggere opinioni di altri consumatori (e magari a venirne comunque influenzati), più di 8 milioni partecipano attivamente alle discussioni sui consumi on line. Per 10 milioni le procedure di acquisto si sono già invertite: il prodotto si vede in negozio, ma si compra online (è il caso dell’abbigliamento che nell’on line registra un +41% o dei prodotti tecnologici +19%). Oppure nemmeno si compra, ma si baratta o si ottiene gratis: è il fenomeno in crescita della sharing economy in cui l’accesso al bene è più importante del suo possesso.
La posizione di Coop è chiara: “Senza un’azione del Governo a sostegno della domanda interna – sottolinea Pedroni – e un forte impegno degli operatori economici più importanti, a partire dalle banche, chiamati a sostenere le famiglie non ci sarà una ripresa significativa del paese. Aumentare l’iva, come realizzare qualsiasi non selettivo altro provvedimento fiscale, sarebbe un errore molto grave. D’altro canto è indispensabile che l’industria e la distribuzione italiane lavorino insieme per sostenere la ripresa: l’industria può ridurre i prezzi e i margini in percentuale, scommettendo su un possibile aumento dei volumi, mentre la distribuzione deve trasferire senza aggravi il valore sui consumatori. L’art.62 ha avuto finora conseguenze non coerenti con le intenzioni. La sua applicazione ha trasferito vantaggi finanziari significativi dalla distribuzione alla grande industria alimentare (circa 9 giorni di anticipo dei pagamenti), mentre per l’industria non c’è evidenza del trasferimento di questo vantaggio verso i propri fornitori, perlopiù produttori agricoli”.

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