Matrimonio carioca per Burger King e Tim Hortons

Le due società svilupperanno un fatturato aggregato di sistema pari a 23 miliardi di dollari con una dotazione di partenza vicina a 18mila punti vendita
Matrimonio carioca per Burger King e Tim Hortons

Grazie a un accordo da 11,9 miliardi di dollari complessivi (9 miliardi di euro) la catena di fast food Burger King conquisterà la società canadese Tim Hortons, diventando così il terzo player mondiale nei cosiddetti Quick service restaurant, subito dopo McDonald’s e Yum! (marchi Pizza Hut, Taco Bell ecc.). Una mossa che cambia certamente la geografia mondiale del settore e che permetterà alla società di Miami di potersi sviluppare d’ora in poi a doppio binario. Tim Hortons, presieduta dall’ex manager Nestlé Marc Caira, è una catena di caffetterie con un modello di business tra Starbucks e Dunkin Donuts, è praticamente presente solo in Canada e Stati Uniti con quasi 4500 punti vendita (solo una trentina di pdv sono nei Paesi del Golfo Persico), mentre BK, classico fast food, ha le proprie insegne in un centinaio di stati nel mondo e nelle intenzioni degli acquirenti dovrà aprire le porte a un ulteriore espansione della società canadese, al di fuori delle aree già battute. Il tutto, come hanno dichiarato i vertici delle società controllate, senza però confondere l’offerta tra le due catene i cui marchi saranno gestiti autonomamente. Il deal dovrebbe essere perfezionato, al più tardi, nei primi mesi del 2015 e solo allora si saprà qualcosa di più sulle reali strategie di crescita, anche in Italia dove la catena acquirente ha già un centinaio di punti di vendita. Ma le avvisaglie sono positive visto che la nuova proprietà il di BK ha fatto quadruplicare il ritmo di aperture annue.

Le due società svilupperanno un fatturato aggregato di sistema (includendo cioè anche tutti i punti in franchising, che sono il 90 del totale per quanto riguarda la sola BK) pari a 23 miliardi di dollari (17 miliardi di euro) con una dotazione di partenza vicina a 18 mila punti vendita. La sede della nuova società che nascerà dalla fusione delle due sarà però in Canada, e questa scelta ha sollevato un vespaio nell’opinione pubblica americana perché è stata letta come l’ennesima operazione per eludere il fisco statunitense (tax inversion, com’è chiamata in inglese), dato che nel paese di destinazione l’incidenza delle tasse sulle imprese è decisamente interiore a quella di Usa, dov’è pari al 35% dell’imponibile come aliquota base. A questa osservazione i protagonisti dell’operazione hanno replicato dicendo che, post fusione, più del 67% del fatturato proverrà dal Canada, solo il 20% dagli Usa (non va confuso il fatturato proprio di BK con quello di sistema) e che quindi era naturale spostare la sede lì. Le autorità antitrust canadesi devono comunque ancora approvare l’operazione.

Il matrimonio tra le due catene riveste, però, un’importanza superiore all’operazione stessa, perché consacra un nuovo colosso mondiale dell’alimentazione, che ha testa in Brasile e e rappresenta la grande novità nella geopolitica del cibo prodotto e distribuito con logiche industriali. La sua particolarità è che non si tratta di una multinazionale monolitica, sul modello di quelle che già conosciamo, ma è piuttosto di un intreccio di interessi economici riferibili a un pugno di imprenditori i cui nomi dicono poco o nulla in Italia, ma che gestiscono quel che ormai si può tranquillamente chiamare un impero.

Burger King è infatti di proprietà, dal 2010, di 3G Capital, colosso degli investimenti fondato a fine 2004 da Jorge Paulo Lemann, Carlos Alberto Sicupira, Marcel Herrmann Telles, Roberto Thompson Motta, Alex Behring, quest’ultimo presidente esecutivo di BK. Nomi che non dicono nulla qui da noi, ma i primi quattro della lista sono di fatto i secondi azionisti, attraverso la Brc sàrl nella quale sono riuniti, di Anheuser-Busch InBev, il primo produttore di birra al mondo grazie a marchi quali Stella Artois, Beck’s, Budweiser, Skol e decine di altri, che vale in borsa tra 170 e 180 miliardi di dollari, ovvero poco meno di Nestlé, per avere un termine di paragone. 3G Capital, inoltre, nel 2013 ha acquisito anche il 50% di H.J. Heinz, altro marchio storico americano e primo produttore mondiale di ketchup, in tandem con la Berkshire Hathaway di Warren Buffett, pagando complessivamente la società di Pittsburgh ben 23 miliardi di dollari. Lo stesso Buffett è entrato anche nell’operazione Tim Hortons: la sua finanziaria acquisirà infatti azioni privilegiate della nuova entità per un controvalore di tre miliardi di dollari, senza però entrare nella gestione operativa che resterà in mano al management già in carica nelle due aziende.

3G Capital si è impegnata a sborsare 89,32 dollari canadesi per ogni titolo della azienda acquisita (62,5 euro), di cui 65,5 dollari canadesi in contanti e il resto con azioni di emissione della nuova società, di cui post fusione controllerà il 51%, mentre i vecchi azionisti di Tim Hortons avranno il 22% e la restante parte sarà di azionisti terzi. Operativamente, però, ognuna delle due anime sarà guidata dalle attuali sedi: a Oakville, una ventina di chilometri da Toronto in Ontario e a Miami in Florida. L’attuale presidente di Burger King, Alex Behring, sarà il numero uno della nuova entità, il suo vice sarà Marc Caira di Tim hortons mentre l’amministratore delegato di gruppo sarà, Daniel Schwartz, che occupa la stessa posizione in BK.

di Alfredo Faieta (@alfredofaieta)

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