Lavazza rilancia, offerta vincolante per Carte Noire

Dopo lo stop di fine giugno la società torinese muove mettendo sul piatto una cifra vicina agli 800 milioni di euro, che contempla anche lo stabilimento di Lavérune
Lavazza rilancia, offerta vincolante per Carte Noire

Avere o non avere Carte Noire, re di Francia dei caffè macinati? Solo una ventina di giorni fa l’affare francese di Lavazza sembrava definitivamente tramontato con la fine del periodo di esclusiva nelle contrattazioni con i venditori del neonato gruppo Jacob Douwe Egberts (Mondelez International e D E Master Blenders) che non aveva portato a nulla. Ma le società non avevano abbandonato il tavolo delle contrattazioni e finalmente la quadra sembra essere stata trovata. Il gruppo torinese ha inviato un’offerta vincolante che diventerà un contratto di compravendita non appena l’Antitrust francese e quello europeo avranno vagliato la situazione sotto il profilo degli effetti sui mercati di riferimento. Almeno questa è la sensazione che si ha leggendo il comunicato della società torinese. La stampa francese è in realtà meno cristallizzata su questa posizione: il quotidiano economico Les Echos riferisce infatti che i fondi di private equity Pai, Cinven e Bc Partners non hanno assolutamente lasciato il tavolo delle trattative e l’ultima parola non sarebbe stata scritta.

Il Sole 24 Ore riferisce che l’offerta dovrebbe essere pari all’incirca a 800 milioni di euro per attività che produrrebbero 240 milioni di euro di fatturato con una sessantina di milioni di euro di margine operativo lordo (ebitda). Il che significherebbe pagare Carte Noire 12 volte l’ebitda. Multiplo più vicino a quelli della moda che non a quelli dell’alimentare, ma c’è anche da sottolineare che i venditori consegneranno a Lavazza la leadership su un mercato importante come la Francia, quantomeno nel mercato retail dove Carte Noire ha il 20% delle quote che andrebbero a sommarsi a quelle di Lavazza. E per questa posizione contempla una sacrificio monetario aggiuntivo del compratore per cui la società si era già preparata nei mesi scorsi cedendo circa i 4% delle quote dell’americana Keurig, di cui mantiene un 3%, per un controvalore stimato in 620 milioni di dollari (560 milioni di euro).

Cosa avrebbe bloccato le contrattazioni a fine giugno? Il nodo sarebbe lo stabilimento di Laverune, nella regione del Languedoc Roussillon (154 dipendenti), che Lavazza non voleva includere nell’accordo o che sarebbe stato comunque ridimensionato se non chiuso una volta acquisito il marchio. Proposta ritenuta irricevibile dai venditori dopo le polemiche sindacali scaturite dalla messa in vendita delle attività. Lavazza avrebbe fornito rassicurazioni in tal senso, anche se una riduzione di attività, almeno momentanea, dovrebbe essere fatto certo con il passaggio di proprietà. A Laverune si producono anche i marchi Senseo e L’Or che resteranno ai venditori e che dovrebbero essere spostati in altro stabilimento.

La proposta prevede l’acquisizione del marchio nell’area economica europea, a eccezione dei rami di business Carte Noire instant coffee, T-Discs e alle attività relative al canale fuori casa, nel quale Lavazza ha già una posizione forte in Francia. “Con questa acquisizione, di portata strategica, riteniamo di poter fare un importante passo avanti per diventare un’azienda globale. L’operazione proposta è coerente con la nostra strategia di sviluppo internazionale, basata sia sulla crescita organica sia su quella inorganica”, ha commentato l’amministratore delegato di Lavazza Antonio Baravalle che non ha mai nascosto l’obiettivo di portare il gruppo a due miliardi di fatturato entro il 2020. Se l’accordo andasse in porto si arriverebbe a circa 1,6 miliardi, stando ai dati del 2014.

Un mese fa Lavazza aveva annunciato l’acquisizione, sempre da Jacob Douwe Egberts, delle attività Merrild, marchio danese con un fatturato di 39 milioni di euro.

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