Fleury Michon: la salumeria francese segua quella italiana

Lodi alla norcineria italiana dal numero uno del settore in Francia, che auspica un rilancio della filiera che vive adesso una fase di pesante crisi
Fleury Michon: la salumeria francese segua quella italiana

Arriva un riconoscimento significativo all’Italia agroalimentare dal re della salumeria francese, Fleury Michon. Leader oltralpe con il 13% di mercato che diventa il 21% se si considerano solo i prosciutti. Insomma, una coscia di maiale su cinque consumata in Francia passa per i suoi stabilimenti di trasformazione. In un’intervista esclusiva pubblicata su Le Figaro Régis Lebrun, il direttore generale della società (che ha una partnership con la lombarda Beretta) ha ricordato che il settore della salumeria francese deve prendere spunto da quello italiano, che è riuscito a imporre la sua “esclusività culturale alimentare” grazie alle denominazioni protette di prodotti quali il prosciutto di Parma o la mortadella. Al contrario il comparto in Francia è sotto pressione per la ricerca spasmodica di prezzi sempre più concorrenziali che finiscono per svilire la qualità perchè mettono in difficoltà gli allevatori e i macellatori. Secondo Lebrun è il momento di rilanciare tutta la filiera tramite accordi che garantiscano “la valorizzazione del lavoro di tutti” e contrastino la tendenza dei trasformatori a cercare solo prezzi più bassi, perché la grande distribuzione non è disposta a riconoscere loro un maggior controvalore. Secondo il numero uno di Fleury Michon questa guerra dei prezzi lungo tutta la filiera sta portando ad una crisi della parte alta (allevatori, macellatori) che finirà per ripercuotersi sull’intero mercato.

Al contrario, puntare sulla qualità dei prodotti al giusto prezzo sarebbe l’unica risposta intelligente in un contesto dove, nel futuro, si consumerà meno carne “ma i consumatori chiederanno maggiore qualità”. Fleury Michon ricava il 30% del fatturato, con crescite a due cifre, dai prodotti di alta qualità come la gamma Bleu Blanc Coeur, prodotta a partire da maiali alimentati con semi di lino, o da quella biologica. “Ma i maiali bio li acquistiamo in Danimarca” specifica il manager, perché la produzione francese è insufficiente a causa delle crescenti difficoltà, anche normative, che devono sopportare gli allevatori. La società, sul mercato dal 1905, si prepara a lanciare adesso una gamma a base di maiali alimentati con soia non Ogm. “Cerchiamo di difendere l’esclusività culturale francese nell’alimentare” ha concluso l’intervista. Guardando a quanto fatto in Italia.

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