Campari, il dollaro fa belli i conti 

I risultati dei primi nove mesi 2015 sono positivi grazie alla rivalutazione del biglietto verde Usa. Le Americhe, nel complesso, sono ancora il traino del gruppo
Campari, il dollaro fa belli i conti 

Le rivalutazioni del dollaro americano e di quello giamaicano danno la spinta più vigorosa ai conti di Campari nei primi nove mesi del 2015, che vedono un fatturato consolidato pari a 1,14 miliardi di euro, in crescita del 7,1% sullo stesso periodo del 2014. La crescita organica è stata infatti pari al 2,5 per cento, il resto della performance è arrivata dai cambi. Il terzo trimestre ha però segnato un momento di raffreddamento rispetto ai primi sei mesi dell’anno. Nei tre mesi estivi, infatti, i cambi hanno avuto un effetto minore e la stessa crescita organica è stata inferiore.

E’ ancora il continente americano la zona che guida lo sviluppo delle attività del gruppo: nei paesi di presenza della società milanese solo il Brasile mostra un calo di vendite organiche (-4,9%) a causa delle difficili condizioni economiche che sta attraversando il Paese. Gli stati Uniti mostrano una crescita organica del 3,8% e la Giamaica del 2%, ma la vera sorpresa è l’Argentina, che cresce del 22,4% pur pesando poco sul totale del fatturato di gruppo (solo il 2,8%).

In Europa è la Germania che si distingue per vivacità delle vendite, con una crescita del 6,5%, mentre l’Italia è sostanzialmente piatta e la Russia sprofonda (-52,8% la performance organica) a causa delle condizioni di mercato proibitive in questo momento. Risultati positivi anche per Francia, Spagna, Inghilterra e Sud Africa.

Tra i brand globali le note maggiormente positive arrivano dai rum giamaicani, con una crescita organica del 15,7% ottenuta sui maggiori mercati americani. Segue Aperol (+11,4%), l’aperitivo italiano che si sta mettendo in luce non più solo nei mercati storici (Italia, Germania) ma un po’ in tutto il mondo. Per il Campari una crescita del 6 per cento.

Complessivamente i marchi più importanti sono cresciuti del 7,1% laddove i brandi minori hanno invece accusato, nel complesso, una battuta d’arresto a causa principalmente delle pessime performance di Cinzano, Riccadonna e Mondoro, che soffrono la disastrosa situazione russa.

Il margine operativo lordo (ebitda) prima di proventi e oneri non ricorrenti è stato pari a 254,7 milioni di euro, in aumento di un buon +14,4% (+4,3% variazione organica) e pari al 22,3% delle vendite, nonostante la crescita del 10% delle spesi di pubblicità e promozione, pari a 191,5 milioni. L’utile del gruppo prima delle imposte è stato di 178,5 milioni di euro, in aumento del +52,7 per cento. Al 30 settembre 2015 l’indebitamento finanziario netto è pari a 933,4 milioni di euro (€ 978,5 milioni al 31 dicembre 2014).

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