Il testamento di Caprotti: “Esselunga non diventi Coop”

"Occorre trovarle una collocazione internazionale. Ahold sarebbe ideale. Mercadona no": le ultime disposizioni del Dottore sul futuro dell'azienda. Leggi su Food il documento completo
Il testamento di Caprotti: “Esselunga non diventi Coop”

LaRepubblica ha pubblicato oggi il testamento che Bernardo Caprotti aveva firmato il 9 ottobre del 2014 davanti al notaio Carlo Marchetti. Oltre a indicare i beneficiari di soldi, case, quadri, azioni e altri beni, Caprotti  spiega quale futuro vuole per Esselunga.

IL FUTURO DELL’AZIENDA – Scrive Caprotti:  “Sto dotando l’azienda di un management di alta qualità. Supermermarkets Italiani è una società attrattiva. Con Tornatore (Giuseppe, il regista che ha firmato il corto “Il mago di Esselunga”, ndr) lo è divenuta di più. Però è a rischio. È troppo pesante condurla, pesantissimo possederla, questo Paese cattolico non tollera il successo. Occorre trovarle, quando i pessimi tempi italiani fossero migliorati, una collocazione internazionale. Ahold sarebbe ideale. Mercadona no. Attenzione: privata, italiana, soggetta ad attacchi, può diventare Coop. Questo non deve succedere.”

 

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“FAMIGLIA NON CI SARA’” – Il documento riflette la storia della dinastia Esselunga. “Dopo tante incomprensioni e tante, troppe amarezze – scrive Caprotti – ho preso una decisione di fondo per il bene di tutti, in primis le diecine di migliaia di persone i cui destini dipendono da noi“. La spartizione del capitale (70% di Esselunga e 55% dell’immobiliare a Giuliana Albera e a sua figlia Marina, il resto in parti uguali ai figli di primo letto, Giuseppe e Violetta) garantisce una chiara guida azionaria al gruppo. “Famiglia non ci sarà – scrive realista Caprotti –. Ma almeno non ci saranno lotte. O saranno inutili, le aziende non saranno dilaniate”.

LA FINE DELLA TESSILI CAPROTTI – “Ho lavorato duramente – ricorda –. Ho sofferto l’improvvisa tragica scomparsa di mio padre… Poi, più tardi, il dissidio coi miei due fratelli la cui liquidazione (richiesta) mi è costata quasi vent’anni di ristrettezze; più tardi la crisi drammatica e la fine della Caprotti”.

NIENTE NECROLOGI DAI “CORTIGIANI” – Caprotti ha curato anche come dovrà essere il suo funerale: “Che sia al mattino, il più presto possibile, onde non disturbare il prossimo, nella chiesa di San Giuseppe che è a 300 metri da casa con la preghiera che non siano fatti annunci o necrologi, sarebbero paginate di fornitori cortigiani”.

PERCHE’ VENDERE? – Insomma, un personaggio fino alla fine: con il suo linguaggio conciso e chiaro ha deciso il futuro di Esselunga mettendone la gestione in mano alla seconda moglie e alla figlia, che hanno il controllo della proprietà. Senza escludere un accordo con gli altri eredi, per decidere come portare avanti la dinastia imprenditoriale. Oggi Marina vive a Londra e partecipa insieme alla madre al consiglio di amministrazione della società, la cui gestione è affidata ai manager. Manager di alta qualità, come precisa lo stesso Caprotti. Manager che, di fatto, negli ultimi due anni hanno gestito l’azienda senza la presenza diretta del Dottore, come tutti lo chiamavano in azienda. L’azienda macina importanti utili. Allora perché venderla?

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