Nestlé, stop alle uova da allevamenti in gabbia

Anche la multinazionale svizzera metterà al bando l’utilizzo di uova di tipologia 3. Un obiettivo da raggiungere entro il 2025. Ma in Italia (e non solo) molte aziende l'hanno già fatto.
Nestlé, stop alle uova da allevamenti in gabbia

Anche Nestlé, la più grande azienda alimentare al mondo, ha detto no agli allevamenti in gabbia. È quanto emerge dal comunicato diffuso sul sito internazionale, in cui si afferma l’impegno pubblico a smettere di utilizzare uova di tipologia 3, ossia quelle provenienti da allevamenti in gabbia. Un impegno che riguarderà tutte le produzioni a livello globale e un obiettivo che sarà raggiunto entro il 2020 negli Stati Uniti e in Europa (Italia compresa) ed entro il 2025 nel resto del continente americano, nel Medio Oriente, in Africa e in Oceania.

Nestlé e la politica cage-free

L’annuncio è arrivato dopo una serie di confronti sugli allevamenti intensivi tra l’amministrazione di Nestlé e diverse organizzazioni mondiali garanti degli animali, tra cui Animal Equality Italia (divisione italiana dell’organizzazione internazionale per la protezione degli animali allevati a scopo alimentare). Si tratta di una decisione che si allinea alle scelte già intraprese da centinaia di altre aziende, che stanno mettendo la parola “fine” all’utilizzo delle gabbie per le galline ovaiole in favore di politiche aziendali “cage-free” (letteralmente, “senza gabbia”). Un vero e proprio trend destinato a durare anche nel nostro Paese.

La situazione italiana

Sono oltre 30 le aziende italiane dalla ristorazione collettiva alla GDO ad avere abbracciato questo trend. Tra le altre: CIR Food, Dussmann, Gruppo Pellegrini e Camst (per la ristorazione) e Coop, Esselunga, Carrefour, Auchan, Pam e Bennet (per la Gdo). Ed solo l’inizio. Nel 2017 la sola Animal Equality ha collaborato con altre 15 aziende, intessendo un dialogo che avrà ripercussioni su oltre 2 milioni e mezzo di galline.

© Riproduzione riservata