Startup del food, l’Italia s’è desta?

Le giovani imprese innovative godono all’estero di investimenti in continua crescita. Il Belpaese è in ritardo, ma non mancano i casi virtuosi
Startup del food, l’Italia s’è desta?

Guardando solo alle cifre, il confronto con gli Stati Uniti è impietoso. Oltreoceano, infatti, le start up del food possono contare su lauti finanziamenti da parte di venture capitalist, big dell’industria, fondazioni e privati. Un pieno di liquidità che, in tanti casi, consente alle nuove imprese di sviluppare le loro idee e proiettarsi poi con rapidità anche in contesti internazionali. Come per esempio Beyond Meat, azienda californiana specializzata negli hamburger vegetali, pronta adesso a debuttare nel mercato britannico, forte tra l’altro del sostegno di Bill Gates, General Mills e persino dell’attore Leonardo Di Caprio. Nel mondo dell’alimentare, tuttavia, è il delivery ad attrarre gli investimenti più consistenti. Basti pensare, che nel solo 2015 i player di questo settore hanno ricevuto, a livello globale, fondi per circa 5,7 miliardi di dollari. Un record raggiunto anche grazie ai round di finanziamento particolarmente generosi delle europee Delivery Hero, Foodpanda e Hello Fresh.

Solo 14 milioni di euro per le italiane

Considerando le 182 startup internazionali censite dall’Osservatorio Smart AgriFood del Politecnico di Milano e dall’Università degli studi di Brescia, nel 2016 il totale dei capitali raccolti ha raggiunto quota 636 milioni di dollari. Le 22 imprese italiane, invece, si sono fermate a poco più di 14 milioni, mostrando quindi un divario ancora considerevole, a fronte anche delle dovute proporzioni. Nel Belpaese, tra le operazioni principali c’è il round da 3,8 milioni di euro dell’e-commerce in vini Tannico e quello da 3,3 di Supermercato24. Poi ancora gli 1,6 milioni di Klikkapromo.

Il trend dei meal kit

Sempre nel settore della consegna di cibi a domicilio, quest’anno secondo i dati di PitchBook Platform sarebbero già circa 750 i milioni di dollari investiti  dai fondi di venture capital a livello globale. In particolare evidenza c’è il mercato dei cosiddetti meal kit, considerato tra i più promettenti.

Il caso della milanese Quomi

Anche in Italia, d’altronde, le startup delle ricette a domicilio riscuotono maggiori consensi. E’ il caso, per esempio, della milanese Quomi, che ha appena chiuso un round da 600 mila euro. La società punta su un modello di business semplice ed efficace, in cui i clienti fanno la spesa sulla sua piattaforma online pensando a una determina pietanza e ricevono poi a casa tutti gli ingredienti già dosati per iniziare subito a cucinare. Quomi, fondata nel 2014 da due giovani imprenditori, vanta già partnership con grandi marchi del calibro di Barilla, Perugina, Delicius e Caffè Vergnano.

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