Un brindisi al vino italiano

È bevuto dalla metà degli italiani maggiorenni e piace molto ai Millennials. Il vino italiano di qualità è destinato a crescere. E potrebbe raddoppiare il valore dell'export a quota 12 miliardi.
Un brindisi al vino italiano

Il settore del vino è un campione dell’economia e dell’export italiano; beve vino metà degli italiani maggiorenni, e il suo consumo è trasversale a gruppi sociali e territori, tanto che la si può considerare come la ‘bevanda degli italiani’. Nel tempo si sono affermati modelli di fruizione più evoluti, responsabili, informati e orientati alla qualità; lo dimostra il crollo in dieci anni della quota dei grandi bevitori passata dal 4,2% al 2,3%, e il fatto che per il 93,2% dei consumatori per la scelta e l’acquisto di vino conta più la qualità del prezzo: per il 52,3% degli italiani la qualità vince sul prezzo sempre, mentre per il 40,9% quando il vino viene consumato in occasione di una festa o una celebrazione. La qualità quindi è il driver primario di scelta del vino, il requisito al quale sono più attenti i consumatori (Millennials e laureati più degli altri); e l’alta reputazione sociale del vino di qualità lo rende per tanti italiani un elemento imprescindibile dei momenti di vita più significativi. In altre parole gli italiani riconoscono al vino di qualità la capacità di dare a certi momenti un tocco di distintività imprescindibile.

Gli indicatori di qualità

Ma quali sono secondo i consumatori gli indicatori di qualità per il vino? Su tutti, l’italianità (per il 91% è il fattore che conta molto o abbastanza nella scelta del vino), poi l’eventuale certificazione Dop (85,9%) o Igp (85,4%) e il marchio (70,4%). L’italianità è garanzia di eccellenza e di qualità sul mercato interno e, secondo la maggioranza degli italiani, proprio il vino di qualità è oggi ambasciatore dell’eccellenza italiana nel mondo. I numeri parlano chiaro: 5,6 miliardi di euro il valore dell’export nel 2016, pari al 12,4% del totale delle esportazioni agroalimentari e con un incremento in valore del +27,6% nel periodo 2011-2016: una performance notevole, con impatti positivi sull’economia italiana e quella dei suoi territori. L’espansione dei vigneti ha toccato praticamente tutti i territori, così come la valorizzazione di questi ultimi si è identificata con specifici brand. La storia del vino italiano è storia di vini locali, anche di competitività nei e tra i territori, che ha avuto comunque come risultato lo sviluppo del settore e la conquista dei mercati interni ed esteri.

Cifre possibili

E per il futuro? Una riflessione s’impone: il modello di sviluppo ha probabilmente toccato un suo apice, come dimostra ad esempio l’impossibilità di fatto di espandere ulteriormente il territorio coltivato a vigneto. Prossima tappa per il settore non potrà che essere fatta di qualificazione e crescita del valore unitario, in particolare nell’export. I dati indicano che se il valore per ettolitro esportato del vino italiano salisse fino al valore di quello francese, potrebbe addirittura raddoppiare fino a 12 miliardi di euro, con un incremento di 6,4 miliardi di euro rispetto ai valori 2016. Ecco la sfida futura, dunque: la realtà del vino italiano, la sua potenza distintiva, dice che si può e si deve crescere seguendo la strada del valore e sfuggendo alla tentazione semplicistica e autolesionista dell’andare verso il low cost; il vino è sempre più un prodotto di pregio che può e deve farsi riconoscere dai mercati il valore aggiunto dei suoi fattori immateriali e intangibili, a cominciare, per il vino nostrano, dal valore dell’italianità.

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