Pasta, scatta l’obbligo dell’etichetta d’origine

Focus sulla provenienza della materia prima. Aidepi: «La qualità non conosce frontiere». La sfida dell'incremento di grano duro italiano di qualità e il nodo dell'etichetta UE
Pasta, scatta l’obbligo dell’etichetta d’origine

Con l’entrata in vigore del decreto interministeriale sull’origine del grano, scatta l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza della materia prima utilizzata nella pasta. I pastai italiani sono pronti. Ci siamo già adeguati a questo regolamento nazionale, come sempre per ogni normativa che interessa i nostri associati, in anticipo rispetto alla data prevista. Confezioni con la nuova etichetta sono già presenti a scaffale da alcune settimane – commenta Riccardo Felicetti, Presidente dei pastai di Aidepi (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta). Certo, per qualche tempo gli italiani troveranno nei punti vendita anche pacchi di pasta con la ‘vecchia’ etichetta, perché ci sono ancora delle giacenze da smaltire.

Origine e qualità

Da questo momento in avanti – aggiunge Felicettii consumatori avranno modo di verificare che dietro ottime marche di pasta a volte ci sono semole ricavate da grani duri italiani e altre volte, invece, semole che utilizzano anche ottimi grani duri stranieri. Perché la qualità non conosce frontiere. Non bisogna infatti confondere l’origine con la qualità del prodotto: tutto il grano che utilizziamo per la pasta italiana, per bontà, sicurezza e tracciabilità, è il migliore del mondo. Ma questa etichetta è destinata a durare poco. Purtroppo, come temevamo, questa etichetta sarà presto superata dal Regolamento UE sull’origine degli alimenti, che arriverà l’estate prossima e cambierà nuovamente le carte in tavola – spiega Felicetti. Noi pastai saremmo costretti ad adeguare nuovamente l’etichetta, e il consumatore troverà questa informazione scritta in un modo differente.

Aumentare la quantità

Sempre secondo Aidepi adesso è il momento di concentrarsi sui temi davvero rilevanti per il futuro della filiera della pasta. La sola indicazione in etichetta dell’origine del grano non basta infatti per superare il gap strutturale, quantitativo e qualitativo, che impone agli industriali della pasta di importare una quota (in media il 30%) del grano necessario per fare il loro prodotto. Conferma Felicetti: Per incrementare la disponibilità di grano duro nazionale di qualità e prodotto in modo sostenibile, in linea con le esigenze dell’industria molitoria e della pasta, la strada giusta sono infatti i contratti di filiera, che diversi protagonisti del mondo grano-pasta hanno già intrapreso. In questo modo si garantisce ai pastai un grano adeguato e agli agricoltori un reddito certo, commisurato all’impegno profuso e alle specifiche condizioni ambientali e climatiche, garantendo al contempo una protezione dalle fluttuazioni del mercato.

© Riproduzione riservata