Trattati commerciali UE: ora tocca alla Nuova Zelanda

I timori di Assolatte: la Commissione Europea mette in cantiere un accordo di libero scambio con uno dei maggiori player del lattiero-caseario mondiale. Con il rischio di portare più danni che benefici ai produttori europei
Trattati commerciali UE: ora tocca alla Nuova Zelanda

Gli ultimi dati contenuti nel Monitoraggio UE sul commercio agroalimentare comunitario rilanciano il ‘problema’ Nuova Zelanda e la necessità di salvaguardare gli interessi dei produttori europei nei confronti di quella che sta diventando una delle massime potenze mondiali del settore lattiero-caseario. A partire dai numeri: 21,5 milioni di tonnellate di latte prodotto, pari a oltre il 3,2% della produzione mondiale. A lanciare l’allarme è Assolatte, che da tempo denuncia alle istituzioni coinvolte il rischio che l’accordo di libero scambio con la Nuova Zelanda a cui sta lavorando l’Unione Europea si trasformi in un autogol per i produttori italiani.

I RISCHI DELLA LIBERALIZZAZIONE

Il problema sono i termini dell’accordo UE – Nuova Zelanda – spiega Assolatte -. La prevista completa liberalizzazione degli scambi con il Paese australe aprirebbe il mercato comunitario a grandi quantità di prodotti a base di latte dai prezzi molto concorrenziali, con gravi ripercussioni sulla stabilità del mercato europeo, che vive già da anni una crisi profonda. Così verrebbero vanificati gli sforzi e gli investimenti realizzati dai governi nazionali, dalle istituzioni europee e dalle stesse imprese per superare la più grande recessione che abbia mai colpito il comparto lattiero-caseario europeo”. Un genere di accordo che avvantaggerebbe soprattutto i produttori neozelandesi nella conquista del mercato europeo anziché aprire nuove opportunità per le aziende lattiero-casearie europee, che difficilmente riuscirebbero ad essere competitive nel mercato neozelandese, molto concentrato (un solo competitor controlla oltre il 90% di produzione ed export) e con neanche 5 milioni di abitanti in tutto il Paese.

FORMAGGI ITALIANI IN NUOVA ZELANDA

Anche per i formaggi italiani ed europei le prospettive in Nuova Zelanda sono complicate. Da un lato questo Paese ha fortemente investito per aumentare la sua produzione casearia e le vendite all’estero, dall’altro la presenza dei formaggi italiani è ancora poco significativa, anche se in crescita. Secondo i dati Assolatte l’Italia esporta in Nuova Zelanda oltre 400 tonnellate di formaggi all’anno per un valore di circa 2,5 milioni di euro, con un trend molto positivo (+16% nel 2018, +23% nel 2017) per i nostri formaggi più famosi ed importanti.

UN NEGOZIATO MODELLATO SUL CETA

Abbiamo chiesto alla Commissione Europea di prestare grande attenzione ai capitoli relativi al settore latte e di adottare un approccio difensivo – afferma Giuseppe Ambrosi, presidente di Assolatteprevedendo dei sistemi che riducano i rischi di mercato. Il nostro dev’essere considerato un ‘settore sensibile’ e deve, quindi, essere trattato come tale. Sul tema della tutela delle Indicazioni Geografiche è invece necessario assumere una posizione offensiva. Negli ultimi anni, infatti, la Nuova Zelanda sta investendo nella produzione e nell’esportazione di formaggi verso molte destinazioni asiatiche, sempre più interessate ai prodotti italiani ed europei, famosi per la loro qualità”. Il modello di negoziato ideale, secondo Assolatte, è quello che ha portato alla firma del CETA, il trattato commerciale tra UE e Canada, che ha consentito di aumentare del 20% l’export italiano di formaggi in Canada (oltre 1.000 tonnellate in più nel solo 2018).

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