E adesso Amazon punta sui servizi

Le prime indicazioni della prima trimestrale del 2019: gli utili arrivano da pubblicità, cloud computing e marketplace piuttosto che dall'e-commerce di beni
E adesso Amazon punta sui servizi

Profitti netti che volano, ricavi che si assestano su un passo di crescita più ‘umano’ e cash flow che esplode: i prodromi della nuova fase della parabola aziendale di Amazon si erano già intravisti nei mesi scorsi, ma è con i risultati del primo trimestre 2019 che diventano evidenti. Il gigante di Seattle sta entrando in una nuova era della sua vita. Si potrebbe dire che dall’adolescenza di avvia a introdursi nell’età adulta, quella nella quale continuerà a perseguire certamente le sue strategie di espansione ma cercando di ottimizzare sempre più i flussi di cassa e la redditività. In questa fase la società si sta focalizzando maggiormente sulla vendita di servizi più che di prodotti, dai quali ricava margini risicati a fronte di elevati costi logistici. I servizi, che siano di pubblicità, di appoggio ai venditori indipendenti sulla sua piattaforma, o di cloud computing, si stanno rivelando la sua vera miniera d’oro.

I CONTI TRIMESTRALI DI AMAZON

Gli utili netti consolidati del primo trimestre sono arrivati a quota 3,52 miliardi di dollari, con una crescita di uno strepitoso +120% rispetto allo stesso periodo del 2018. Il free cash flow è arrivato a 23 miliardi di dollari: era 7,3 miliardi 12 mesi prima. I ricavi, invece, sono saliti di un ben più ‘modesto’ 17% a 59,7 miliardi di dollari, e saliranno a un tasso stimato compreso tra il 13 e il 20% nel secondo trimestre dell’anno. La velocità di corsa delle grandezze del conto economico del gigante di Seattle si è quindi invertita. Una volta erano i ricavi a crescere al passo degli utili, i quali o non c’erano o crescevano molto piano per i forti investimenti, che portavano il cash flow in negativo. Basti pensare che nel primo trimestre del 2018 i ricavi erano saliti del 43% sul 2017. Un’altra variabile monstre è quella dei dipendenti, saliti del 12% rispetto al primo trimestre del 2018 e pari adesso a oltre 630mila unità. Come se tutto il Montenegro fosse a libro paga di Jeff Bezos.

DAI BENI AI SERVIZI

I numeri aggregati raccontano poco, però, di quello che sta succedendo nell’universo del gigante indiscusso dell’e-commerce mondiale. Come si muovono i suoi ingranaggi e cos’è realmente importante in questo momento per il business. Non solo per l’azienda ma anche per i suoi azionisti e finanziatori. E’ chiaro che il focus aziendale si sta spostando dalla vendita di prodotti a quella di servizi. E tra questi, gli spazi pubblicitari sono in forte ascesa insieme a quelli di cloud computing e storage della divisione AWS (Amazon Web Services). Amazon ha avuto ricavi pubblicitari, legati anche alle aziende che vendono agli utenti finali attraverso la sua piattaforma (i cosiddetti third part seller, che per ammissione di Bezos crescono più che le vendite proprie di Amazon), per 2,7 miliardi di dollari nel primo trimestre, in crescita del 34 per cento. Cifra che ne fa il terzo attore pubblicitario nel digitale negli USA dopo Google e Facebook. Dalla pubblicità Amazon ricava margini operativi molto elevati, seppur non circostanziati con precisione. La divisione AWS, invece, ha prodotto da sola ricavi per 7,69 miliardi di dollari (+41% sul 2018), con 2,2 miliardi di dollari di profitti operativi (ebit), ovvero la metà dei 4,4 miliardi di Ebit complessivo che ha portato a casa il gruppo di Seattle nel trimestre. Nello stesso momento le vendite di prodotti online sono cresciute di un ben più modesto 10%, a 29 miliardi di dollari, e quelle degli store fisici (il grosso è rappresentato dalla catena Whole Foods Market) solo dell’1% a 4,3 miliardi di dollari. Whole Foods si appresta a lanciare un terzo round di ribassi di prezzi dei suoi prodotti freschi per sostenere le vendite, oltre che ad espandere territorialmente il servizio Prime ad essa abbinato. I profitti operativi, e a cascata quelli netti, arrivano quindi dai servizi e non dai prodotti (la divisione di e-commerce internazionale è addirittura ancora in leggero rosso operativo). Il che dovrebbe far molto riflettere i retailer fisici che si stanno imbarcando nelle vendite online.

INVESTIMENTI

Altri spunti interessanti arrivano dalle spese e dagli investimenti. Tra le prime, quelle che salgono maggiormente sono quelle di marketing, pari a 3,66 miliardi di dollari (+36%), perché spingere le vendite diventa sempre più oneroso. Si riduce l’accelerazione rispetto al passato sia per i costi di consegna delle merci, pari a 7,1 miliardi di dollari nel trimestre, sia per lo sviluppo dei magazzini e centri di raccolta (compresi i centri di storage informatico) e per gli store fisici. Dal lato degli investimenti, quelli in attività reali sono pari nel trimestre a 3,29 miliardi di dollari (+6% sul 2018) e quelli in attività finanziarie passano da 470 milioni dollari a ben 6,87 miliardi. Al momento, quindi, l’elevato cash flow prodotto nell’ultimo anno è stato parcheggiato soprattutto in titoli e bond mentre la crescita delle attività reali (terreni, stabilimenti, macchinari) è molto più bassa che in passato.

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