Brexit, Italian sounding vs. made in Italy?

Vi sono elevati e fondati timori per una Gran Bretagna patria dell’Italian Sounding in seguito alla Brexit. Le Dop e le Igp sono a forte rischio

L’eco della Brexit riecheggia e rimbalza ancora sulle testate di tutto il mondo. E, come già discusso nelle scorse settimane, vi sono grossi rischi per l’export agroalimentare italiano. Una Gran Bretagna fuori dalla Comunità Europea potrebbe infatti significare niente più tutela comunitaria per le nostre Dop/Igp, le quali rappresentano il 30% del totale export verso il Regno Unito, che spalancherebbe le porte ai falsi made in Italy.

RISCHIO ITALIAN SOUNDING

È questo il timore del Presidente della Coldiretti Ettore Prandini. Pensiero condiviso anche da Antonio Tajani, Presidente della commissione Affari Costituzionali del Parlamento Europeo: “Il Regno Unito non può rientrare nel mercato unico come un cavallo di Troia, senza rispettare regole e standard”. Ha affermato Tajani nel suo intervento martedì 11 febbraio nella plenaria a Strasburgo. La Gran Bretagna post Brexit potrebbe infatti diventare una sorta porto franco per l’Italian Sounding, un mercato da 100 miliardi di euro che vede tra i maggiori contraffattori gli Usa ma anche il Canada e l’Australia che fanno parte del Commonwealth. Si tratta purtroppo di un rischio reale come dimostrano le vertenze UE del passato nei confronti della Gran Bretagna con i casi della vendita di falso prosecco alla spina o in lattina fino ai kit per produrre in casa finti Barolo e Valpolicella o la più recente apertura del distributore automatico di calici di prosecco (Automatic prosecco machine Apm), installato a Londra su iniziativa di una vineria della capitale, Vagabond Wines. Un danno economico e d’immagine enorme per il made in Italy.

SEMAFORO ROSSO PER IL MADE IN ITALY

Altro rischio paventato da Coldiretti è quello dell’entrata in vigore dell’etichetta a semaforo nel Regno Unito, che penalizzerebbe ulteriormente il nostro paese, bocciando alcuni prodotti simbolo del made in Italy: dall’olio evo al Prosciutto di Parma, dal Gran Padano al Parmigiano Reggiano. La Gran Bretagna post Brexit diventerebbe poi paese terzo rispetto alla Comunità Europea, con il rischio di entrata in vigore di ostacoli amministrativi all’export, che nel 2019 sono stati pari a 3,4 miliardi, classificando il Regno Unito al quarto posto dei partner commerciali del Belpaese. Dopo il vino, che complessivamente fattura sul mercato inglese circa 800 milioni di euro nel 2019, secondo le proiezioni di Coldiretti, spinto dal boom del Prosecco Dop, al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più venduti in Gran Bretagna c’è l’ortofrutta, fresca e trasformata, come i derivati del pomodoro con 250 milioni di euro. Non trascurabile sono anche i ruoli della pasta, dei formaggi e dell’olio d’oliva. Rilevante anche l’export  di Grana Padano e Parmigiano Reggiano, per un valore che supera i 100 milioni di euro nel 2019, sempre secondo le proiezioni di Coldiretti.

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