Carni e salumi italiani a rischio con l’etichettatura ‘dissuasiva’

Il presidente di Carni Sostenibili comunica al ministro della Transizione ecologica Cingolani i numeri della filiera, a tutela dei produttori italiani contro l'etichettatura

La Commissione europea non accenna a un cambio di rotta, decisa a introdurre un’etichettatura ‘dissuasiva’ su carni rosse e insaccati, considerati potenzialmente cancerogeni. Il piano per incentivare il passaggio a una dieta più vegetale allarma i player del comparto, tra cui il professor Giuseppe Pulina, che ha indirizzato una lettera al Ministro della Transizione ecologica Cingolani.

UN INTERO SETTORE A RISCHIO

Secondo le associazioni di categoria, con una campagna europea diretta a scoraggiare il consumo di carne rossa e insaccati, si andrebbe a colpire l’unico settore del Made in Italy che continua a crescere all’estero con un +1,8 % per un valore di 46,1 miliardi di euro registrati nel 2020. Non sono però mancate anche le perdite dovute alla pandemia: secondo i dati della Coldiretti, il settore zootecnico nazionale ha perso 1,710 miliardi di euro e le macellazioni sono calate del 30 per cento.

LA PROTESTA DI PRODUTTORI E ALLEVATORI

La scelta dell’Ue di tagliare fondi per la promozione del settore rischia di colpire duramente l’Italia, uno tra i Paesi più ricchi di tipicità che hanno bisogno di sostegni per farsi conoscere sul mercato e che verrebbero invece condannate all’estinzione.

Non possono metterci in un unico calderone – protesta Luca Panichi, allevatore dell’Appennino umbroe accomunarci ad altri Paesi che non rispettano regole stringenti come le nostre, ad esempio sugli antibiotici e sui farmaci da somministrare agli animaliE poi dire che la carne è cancerogena tout-court è sbagliato, bisogna vedere in che quantità e come viene mangiata“.

L’INTERVENTO DI PAULINA

Il Professor Giuseppe Pulina, Presidente dell’Associazione Carni Sostenibili si unisce alle voci preoccupate del settore con una lettera indirizzata a Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica. Pulina riporta i “veri” numeri che dimostrano l’impegno dei player italiani del settore verso produzioni sempre più sostenibili: “La produzione di carne in Italia, dal 1970 ad oggi, ha quasi dimezzato le emissioni, passando da 28 a 12 Kg di Co2 per produrre un chilo di proteine animali”.

Inoltre, il professore dichiara che “a livello complessivo l’intero settore delle carni (bovino, avicolo e suino) impiega per l’80-90% risorse idriche che sono restituite all’ambiente come l’acqua piovana, mentre solo il 10-20% viene effettivamente consumato per produrre 1 kg di carne”.

Il Presidente evidenzia anche il ridotto utilizzo di antibiotici da parte degli allevatori italiani, per poi finire con una riflessione in merito ai consumi: “Con riferimento alla sola carne bovina, il consumo reale in Italia è 9 Kg pro-capite all’anno, corrispondenti a meno di 25 g al giorno per persona. Una quantità ben al di sotto delle raccomandazioni dell’Oms che fissano a 100 g il limite minimo oltre il quale il consumo giornaliero di carne rossa inizia a generare rischi per la salute umana”.

“Il messaggio che vorremmo condividere con Lei è la crescente attenzione del settore italiano degli allevatori e dei trasformatori delle carni ai temi della transizione green – conclude il professor Pulina –, perché lavorare per restituire un sistema sempre più sostenibile è l’obiettivo che da anni ci siamo prefissati. Oggi la pandemia ci ha richiesto uno sforzo ancora maggiore nell’assicurare cibo sicuro e disponibile a tutti, mentre a livello europeo siamo impegnati in una sfida che definirà i capisaldi della strategia sull’intero settore nel prossimo decennio”.

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